“Quello che è successo a Giulio non è un caso isolato rispetto ad altri egiziani, e non solo. Per questo continuerò a dire per sempre: verità per Giulio”. Così ieri la madre del ricercatore ucciso al Cairo. E quello che è successo a Giulio lo sappiamo tutti e pian piano, nonostante i goffi tentativi di insabbiamento del governo egiziano- o proprio anche a causa di questi- stiamo capendo il perché. Uno dei “casi” dell’Egitto di questi anni si chiama Ahmed Naji. Ad Ahmed non è toccata una sorte identica a quella di Giulio. Ahmed è fortunatamente vivo, ma la sua storia è un altro esempio della repressione nell’Egitto che pensavamo potesse essere libero nell’incerto periodo del “dopo Mubarak”. Poco più di un mese fa, Ahmed è stato condannato a due anni di carcere. La sua colpa è essere uno scrittore. Di pensatori, artisti e intellettuali condannati per le loro idee e opere abbiamo tanti esempi. Il caso di Naji si arricchisce però di un altro particolare: sarebbe stato un lettore a presentare una denuncia di lesa moralità. Hani Saleh Tawfiq, questo il nome dell’improvvisato censore, afferma di aver sofferto di palpitazioni e di un brusco innalzamento di pressione durante la lettura di un estratto de L’uso della vita, il romanzo di Naji. L’accusa avrebbe utilizzato come argomento il fatto che l’estratto del romanzo sia apparso su una rivista, elemento che non renderebbe più i fatti narrati una finzione letteraria tollerabile, ma un contributo giornalistico: una connessione al reale non accettabile a causa dei riferimenti alla sessualità e all’uso di droghe nel testo. Per il tribunale che ha deciso di condannare Naji e il suo editore in appello, non sarebbero sufficienti né i riferimenti costituzionali alla libertà d’espressione, né il parere favorevole della censura egiziana che ha consentito l’ingresso dell’opera dal Libano, paese dove il romanzo è stato stampato; meglio basarsi sulla tachicardia del sensibile Tawfiq. Noi lettori meno delicati, possiamo fare altro. Ridere no, perché Naji è in carcere. Possiamo provare compassione per il disgraziato lettore e leggere l’estratto incriminato, che inizia così:
Questo non significava che non ci fossero belle giornate al Cairo. C’erano giornate incantevoli nel corso dell’anno, alcune nella lunga estate e molte nel breve inverno, ma erano accomunate dal fatto di essere giornate di vacanza o di ozio. Dicono che la città non dorma, ma piuttosto trabocchi dalle proprie porte. La città converge. La città si disperde. La città si spande e si propaga.
La restante parte la potete leggere nel blog Editoria Araba, al link https://editoriaraba.files.wordpress.com/…/nagy-traduzione-…
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