Per me, i tedeschi sono quelli di Italia-Germania 4-3. Mondiali del Messico, 1970. Stadio Atzeca. Quel gol all’ultimo respiro di Gianni Rivera quasi a farsi perdonare l’errore del momentaneo pareggio. Per me quella partita rappresenta un punto fondamentale di partenza. Me la riporto sempre dietro quando quando vado in Germania. Ho visitato Monaco e la Baviera, Norimberga, Francoforte e Berlino. Non sono stato a Bonn che, se ricordate, fu la capitale della Germania Ovest sino al 18 maggio 1990, giorno in cui ci fu la firma del trattato istitutivo dell’unione economica, monetaria e sociale tra la Repubblica Federale e la Repubblica Democratica tedesca. Il muro era definitivamente caduto. A Berlino ci sono stato nel 2005, (ma non con Bonetti, ricordato dal grande Lucio Dalla) quando tutto era concluso da ormai sei anni e potevi tranquillamente saltare tra i confini fisici del muro ormai quasi inesistenti. Permanevano, invece, i caseggiati della vecchia Berlino Est in perfetto stile sovietico rispetto invece a quelli di Berlino Ovest, molto più colorati e, apparentemente gioiosi. Si notavano ancora nella vecchia parte, quella ad est, le automobili Skoda che lentamente lasciavano il passo alle Audi e alle Mercedes. Si modificavano gli assetti. Sono passati trentadue anni dall’unione delle due Germanie, molti ragazzi non sanno neppure che siano mai esistite due Germanie distinte. Eppure, per me, i tedeschi sono uniti da sempre e hanno perso in Messico per 4 a 3.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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