L’Aga Khan ha ceduto la proprietà della Costa Smeralda dal 1997, lasciando dietro di sé nostalgia, rammarico e sensi di colpa. Noi galluresi abbiamo una comprensibile e giustificata stima di quest’uomo, una stima che però spesso travalica con toni grotteschi e ridicoli nella venerazione. Siamo convinti di essere stati noi a ripudiarlo, con deplorevole ingratitudine, e sempre speriamo in un suo ritorno e di rivivere i luccicanti tempi che furono, quando in Costa Smeralda si giravano i James Bond e i reali inglesi alloggiavano al Cala di Volpe. Cosicché, all’incirca ogni cinque anni, torna a farsi largo la notizia del ritorno dell’Aga Khan. Non ci sono riscontri o indizi verificabili, ma la gente si entusiasma e tanto basta per spendere sull’illazione un titolo di giornale. Ma quest’anno qualche speranza in più è arrivata dal diretto interessato. Karim ha stretto mani passeggiando a Porto Cervo e, dicono, si sarebbe lasciato sfuggire qualche velata ammissione su un suo rinnovato interesse imprenditoriale per la Sardegna. Pare sia stata anche promossa una petizione dai residenti, affinché Sua Altezza sappia di avere il popolo dalla sua. La gente di Monti di Mola, da dieci anni a questa parte, si è lasciata incantare prima dagli annunci di Barrack e poi dalle ricchezze incommensurabili dell’Emiro, immancabilmente presentati come salvatori della patria. Poi ha capito che non c’era molto da aspettarsi, oltre alle parole e alle rassicurazioni di rito, così ha ripreso a coltivare il primo amore.
L’Aga Khan, sia chiaro, non è stato un banale palazzinaro, come qualcuno lo descrive: ha introdotto il concetto di sviluppo integrato, ha fondato aziende (Alisarda, Cerasarda, Marinasarda e tante altre) che avrebbero dovuto davvero incidere sul territorio, è stato forse il più grande imprenditore mai sbarcato in Sardegna. E ha ingaggiato anche professionisti sardi per articolare il suo progetto turistico, uno tra tutti l’architetto indipendentista Antonio Simon Mossa. Però non si può sempre rimanere abbarbicati al passato, come non si può attraversare la vita nella nostalgia dello scudetto del 1970.
Questa speranza nel ritorno del Messia, dell’Uomo della Provvidenza, è una costante di questo turismo e finisce con l’esserne un limite: la favola della terra misera trasformata in un principato non può, per definizione, rinunciare al suo principe, al demiurgo che tutto può. Secondo questa religione la salvezza e il benessere devono arrivare dal cielo, non possono essere nascoste nella bellezza della terra dove il miracolo è stato costruito. Men che mai dal lavoro e nella professionalità di chi ormai i segreti del turismo li conosce. E così, aspettando la grazia, passano gli anni. Senza avere ancora capito che un turismo che davvero faccia economia va costruito dal basso, usando la vetrina Costa Smeralda come trampolino per piccole e grandi aziende locali. Sarebbe ora di affrancarsi da questo mito del Principe. Per quanto l’uomo meriti rispetto e riconoscenza, per quanto qualcuno possa inorridire a quanto sto per dire, si trattava di un imprenditore che perseguiva il suo legittimo interesse.
Veniamo al presente e al sopravvivere di questa venerazione, per certi versi comprensibile e per altri grottesca. Due mesi fa si è venuto a sapere che l’Aga Khan ha versato duecento milioni di euro nelle casse esangui di Meridiana, compagnia che controlla per l’ottanta per cento delle quote (in realtà, si è poi saputo che non si trattava di una vera ricapitalizzazione ma di finanziamenti della Fondazione Ak girati a Meridiana). La notizia è stata accolta da lacrime, applausi, genuflessioni di politici e opinionisti, commossi dall’ennesimo atto di generosità del Benefattore. In realtà, l’Aga Khan stava solo cercando di mettere una pezza nei conti di un’azienda piena di debiti, che non produce utili dal 2008 e che ha centinaia di dipendenti in cassa integrazione. Un’azienda di cui l’Aga Khan è proprietario e sui cui destini ha da sempre deciso in prima persona. Un’azienda dei cui insuccessi dovrà, allo stesso modo, rispondere in prima persona. Ma voi, dopo aver pagato il conto della carne, l’avete mai trovata una folla festante appostata fuori dalla macelleria per applaudirvi e complimentarsi?
pubblicato il 5 settembre 2015
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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