Dunque, in una Macchina del Tempo di giugno bisognerebbe ricordare che in questo mese del 1985 (era il 24, non il 27, evvabbè, sempre giugno era) Francesco Cossiga venne eletto presidente della Repubblica al primo scrutinio. Era la prima volta che questo avveniva: “nella storia della Repubblica”, specificano tutte le rievocazioni. Effettivamente non poteva essere avvenuto nella storia del Regno perché il Re non lo eleggeva nessuno. Era lui che eleggeva gli altri. Io correttamente dovrei parlare della sua discussa presidenza e del suo discusso personaggio. E con “discusso” non sto esprimendo giudizi: sfido chiunque a smentirmi sul fatto che di lui, in quanto presidente, in quanto politico in generale e in quanto personaggio ancora più in generale, si sia discusso molto. Comunque nella sua città di Sassari gli hanno intitolato una strada e quindi forse la smetteranno tutti di discutere di lui e discuteranno della strada, dove sembra debba passare una pista ciclabile (non è vero ma sto mettendo la voce in giro per rianimare il dibattito sulle piste ciclabili, che mi sembra si sia un po’ illanguidito). Però, siccome in quanto sassarese ne ho le balle piene di parlare sempre di Cossiga, Segni (1 e 2) e Berlinguer (di quest’ultimo in realtà ne parlerei più volentieri, ma ora sto facendo lo spiritoso), approfondirò un aspetto inedito e sconcertante del presidente Cossiga, un risvolto della sua variegata biografia e della sua complessa personalità portato a galla alcuni anni fa da Luigi Manconi durante una presentazione del suo magnifico (e ora non sto facendo lo spiritoso) libro “Corpo e anima”. E cioè il fatto che Cossiga a Sassari conosceva tutti ma nessuno conosceva lui. Accadde che rispondendo a una domanda appunto su Cossiga, Manconi raccontasse questo fatto: un giorno, nell’ambito della sua attività in difesa dei diritti civili, venne ricevuto dal presidente della Repubblica. Manconi aveva richiesto l’incontro tramite il protocollo del Quirinale e, al termine della conversazione formale, Cossiga lo trattenne qualche minuto per dolersi di un fatto personale: “Mi dispiace che tu (mi sembra di ricordare che Manconi abbia commentato di avere accolto con sorpresa questo improvviso “tu”. A Sassari quando il “tu” non è concordato si dice: “E di tu, subidu, ah? E cos’erami, pusadi affaccu i’ lu vindioru arimani?”) abbia richiesto di incontrarmi tramite il protocollo e non usando un canale più personale, nonostante l’amicizia che mi lega a tuo padre”. Quando Manconi vide suo padre, gli raccontò l’episodio commentando -Non sapevo che fossi tanto amico di Cossiga.Il padre si stupì -Neanche io. Mi sarà capitato al massimo di incrociarlo per la strada e di salutarci. E il narratore, per spiegarsi meglio, accennò al gesto di una contenuta levata di cappello. Mentre lo ascoltavo, ebbi un’illuminazione. Mi era modestamente accaduta la stessa cosa. Mi sembra fosse avvenuto non una delle volte che lo incontrai quando era presidente della Repubblica (chiariamo: non sono uno importante, ma facevo il cronista e quindi di questa gente per lavoro ne trattavo molta), ma durante la sua presidenza del Senato. -E babbo come sta? -Bene, grazie, presidente. Vi conoscete? -Eh! Quando lui era ufficiale sanitario del Comune ci facevamo chiacchierate interminabili. Salutamelo tanto. -Presenterò. Quando presentai, babbo si mostrò perplesso -Ma è possibile che mi sia così rincoglionito? -Cioè? -Chiacchierate? Boh! Io proprio non mi ricordo. Al massimo buongiorno o buonasera se mi capitava di incrociarlo per la strada.Non fece il gesto del cappello, forse perché babbo non lo portava spesso. Animato dalle coincidenti reazioni dei due babbi, al termine del dibattito sul libro svolsi una rapida inchiesta tra gli astanti, tutta gente che per motivi politici o di lavoro aveva avuto occasione di incontrarsi con Cossiga. Quattro o cinque mi confermarono che il grande uomo politico sassarese aveva affermato con loro di conoscere genitori o altri parenti che, interrogati, avevano risolutamente negato la circostanza. Ma uno dei miei interpellati, addirittura, sostenne di essere stato spacciato egli stesso per amico dallo stesso Cossiga e mi raccontò -Cossiga mi disse: “Ricordi quante risate ci siamo fatti quella volta?”. Ma io non mi ricordavo di un cazzo. Chi solleverà il velo su questo giallo? C’entra Gladio? E’ roba di Br? C’è un complotto contro Cossiga al quale ha aderito anche Manconi? Oltre che io stesso. E i nostri rispettivi padri. Iscriviamolo per ora tra i misteri della Repubblica. E anche del Regno.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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