Tempo fa scrissi un articolo in cui ironicamente proposi la confederazione della Sardegna con il Qatar, il piccolo paese arabo che galleggia in una bolla di metano, e che pertanto ha il reddito pro-capite più alto del mondo.
https://www.sardegnablogger.it/la-sardegna-come-emirato-confederato-con-il-qatar-lemirato-mediterraneo/
La parodia voleva criticare le varie forme di esterofilismo e di sudditanza al capitale presenti in Sardegna, con lo scopo, che pensavo chiaro scorrendo il testo dall’inizio alla fine, di evidenziare l’importanza, viste anche le lezioni della storia, di puntare per la crescita dell’isola sulle proprie vocazioni tradizionali, senza importare e scopiazzare modelli di sviluppo dall’esterno.
Tuttavia, per quella impostazione tipica della mente umana che preferisce polarizzarsi in contrapposizioni anziché rilevare la complessità del fenomeno, il dibattito seguente si concentrò sulla questione binaria, se fosse meglio la Svizzera o il Qatar.
Ora la scoperta da parte della società dell’Emiro del Qatar di un giacimento di gas metano in Sardegna, supera con la fantasia la realtà. Le mani del Qatar, seguenti al grande affare dell’ospedale San Raffaele di Olbia, paiono proiettare la loro ombra sull’isola. Una scoperta ammantata di mistero, se vogliamo, vista la coincidenza con gli interessi immobiliari nella stessa zona dell’Emiro; neppure si sa come e quando queste ricerche siano state effettuate, e se sono state autorizzate. Il Presidente Pigliaru, nella conferenza stampa, sembra cascare dalle nuvole pure lui.
Al momento, quindi, poco o nulla si sa di questo giacimento: potrebbe anche essere di una quantità irrisoria o comunque non tale da trasformare i destini dell’isola. Ricordiamo che la Saras, dopo anni di ricerche, aveva individuato un giacimento di metano a pochi chilometri da Arborea, in una zona ricca di emergenze naturalistiche, paesaggistiche e culturali, nei pressi di una delle più floride aziende agricole d’Italia. In quel caso la Regione, ricorrendo al PPR, strumento urbanistico di cui si è dotata negli anni della giunta Soru, ha respinto le proposte di trivellazioni, di prospezioni del gas. Ma lì le motivazioni abbondavano e, soprattutto, c’era un dispositivo legale che te lo consentiva.
Ma supponiamo che questo giacimento si trovi in una zona dell’isola, si parla dei comuni di Olbia e di Arzachena, dove non vi siano clamorose emergenze ambientali, magari in area di cave dismesse. E supponiamo che questo giacimento si trovi fuori dai confini del PPR, che come si ricorderà copre solo gli ambiti costieri, oppure sia dentro i confini ma in una zona ove sia possibile queste attività, che fare?
Intanto occorre capire cosa dice la normativa. Leggo dai commenti in rete che, istintivamente, si tende a pensare al giacimento di metano come una cosa, come dire, sarda.
Storicamente i giacimenti minerari sono considerati beni indisponibili del Demanio. La competenza amministrativa invece spetta alle Regioni, ed anche i relativi proventi. O meglio, spettava, perché con l’art. 38 del cosiddetto Decreto Sblocca Italia, lo Stato si è avocato una risorsa che reputa strategica. Alcune Regioni hanno già fatto ricorso riguardo questa avocazione, mentre la Regione Sarda è rimasta a guardare, nonostante le proteste.
Occorre dire, a questo proposito, che la questione è regolata dall’articolo 117 della costituzione. Si entra dunque nel ginepraio delle interpretazioni costituzionali e temo che ci vorrà molto tempo per dirimerla. Infatti il ricorso pare ammissibile, a leggere il commento degli esperti, tuttavia lo Stato, con l’articolo 38, come dire, si è coperto le spalle, perché pur avocando la risorsa considerata strategica concede alle Regioni un potere concorrente (che in realtà però pare essere del tutto residuale), venendo incontro in questo modo al riformato dettato costituzionale, che appunto parla della “produzione, trasporto e distribuzione dell’energia” come materia concorrente tra Stato e Regioni.
Occorre dire, invero, che nella maggior parte dei paesi Europei la gestione dell’energia è in capo allo Stato. In Italia, invece, sembra che per dare piena attuazione alla disposizione del decreto Sblocca Italia occorra una modifica della Costituzione.
Ora, per legge, lo scopritore del giacimento ha diritto alla prelazione della concessione. In poche parole lo Stato italiano è il proprietario del giacimento e il Qatar usufruisce dei diritti per la scoperta, con la prelazione in caso di affidamento in concessione.
La Regione Sarda ha un potere sulla vicenda puramente amministrativo, come si accennava poc’anzi. In pratica la Regione ha una sorta di diritto di veto, in virtù della delega amministrativa, che però deve essere motivato.
E deve essere motivato con precise disposizioni di legge.
In Sardegna giacciono ricorsi, per rifiuti dati dalla Regione per questioni analoghe, da parti di potenti multinazionali, con richieste di danni che porterebbero la finanza regionale alla bancarotta.
Studi legali con avvocati agguerritissimi sono già pronti ad azzannare qualunque provvedimento regionale non suffragato da strumenti legislativi adeguati.
Per cui occorre essere realisti: la partita in gioco vede la Regione in una situazione molto delicata.
Tuttavia né lo Stato e neppure il Qatar, ragionevolmente, avrebbero intenzione di arrivare ad uno scontro con la Regione e i comuni territorialmente competenti, per cui un certo margine di manovra di contrattazione ci dovrebbe essere.
Per il momento, non resta che attendere di capirci qualcosa di più in questa storia e, soprattutto, la consistenza reale di questo giacimento.
Tuttavia, la vicenda della scoperta del gas da parte dell’Emirato, riporta a galla la vecchia questione sul modello di sviluppo a cui l’isola deve tendere. Una questione che ha sempre diviso i sardi, indecisi se scegliere la “dipendenza dal sentiero”, che vede una prevalenza di sfruttamento delle risorse da parte di soggetti esteri, oppure una visione autonoma dello sviluppo, consapevole, basata sulle proprie risorse tradizionali e umane.
La storia della Sardegna ha già fornito lezioni amare, sfruttamento di risorse e consumo del territorio che ha portato alla depressione sociale ed economica, invece che allo sviluppo.
Il mondo è pieno di località ricche di minerali e ed economicamente depresse, proprio perché la ricaduta economica e sociale di uno sfruttamento minerario condotto da enti esterni finisce per disperdersi tra i vari soggetti protagonisti dell’affare, dimenticandosi delle ricadute sociali, spesso relegate allo sfruttamento della manodopera.
Occorre fare molta attenzione perché queste operazioni, spesso, sono accompagnate da una propaganda fortissima, tendente a ingenerare nei locali un senso di inferiorità, accusati di essere incapaci di comprendere i benefici dell’impresa, del capitale, della modernità. Nei paesi del terzo mondo, poi, per mettere le mani sulle risorse più ambite, si interferisce nella politica locale, rovesciando governi, arrivando a fomentare rivolte e a scatenare guerre.
Poi arrivano i barconi carichi di disperati, e ci domandiamo perché.
Nessun scenario apocalittico, per carità. Tuttavia, fatte le debite proporzioni, la storia della Sardegna contiene forti analogie con la storia post-coloniale di molti paesi.
Ripeto, fatte le debite proporzioni. Lo sottolineo e lo ripeto per evitare un certo vittimismo che finisce per essere controproducente. Molto semplicemente l’analogia con situazioni molto più estreme della nostra può aiutarci a comprendere meglio, a capire quale strada scegliere.
Occorre guardare allo sviluppo industriale, fondamentale in una economia moderna, senza preclusioni. Ma senza neppure cedere alle sirene, agli specchietti per le allodole, alle fabbriche finanziate con fondi pubblici e fallite prima di nascere, ai villaggi turistici sul mare che ci portavano millanta posti di lavoro, all’oro di Furtei, agli asini che volano.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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