Era il 1984, i sardisti di Mario Melis avevano impugnato e proiettato nella modernità l’anima di Lussu e di Bellieni. C’erano le elezioni regionali e stavano costituendo un fronte per quei tempi inedito con i comunisti e i socialisti. Ci fu a Sassari una sorta di convivio riservato tra queste tre componenti del nuovo blocco politico. Appresi molti particolari e feci un pezzo in cui davo per certo il patto elettorale e di governo. Per dare un po’ di coloritura, aggiunsi anche il menu del pranzo (o forse cena, non ricordo). Il pezzo venne letto prima della pubblicazione da uno dei bravi dirigenti che Caracciolo aveva mandato alla Nuova per pilotare anche sul piano culturale, non soltanto industriale, il passaggio dalla Sir al grande giornalismo. Sono quasi certo che fosse il vice direttore Alfredo Del Lucchese, ma non lo giuro. Comunque mi disse pressappoco: -E’ un pezzo in cui ci sono un mucchio di notizie, emerge chiara la storia di questo partito combattuto tra eredità fascista e antifascista e c’è una previsione ragionata dell’immediato futuro elettorale che sembra molto attendibile. Perché lo vuoi rovinare con questa sciocchezza del menù? E’ un bel pezzo di politica non di pettegolezzi”. Lo levai immediatamente. E ogni volta che anche sui grandi giornali che seguo ogni giorno leggo, come avviene oggi, i menù di pranzi e merende riservate mentre si discute, a esempio, di futuri presidenti della Repubblica, penso a quell’insegnamento e a quanto fosse giusto ma purtroppo disperatamente contro corrente.Sembra che gusti alimentari e vestiario dei politici siano importanti quanto l’effetto delle loro scelte nella nostra vita. Non basta dire che uno, in circostanze ufficiali e pubbliche, veste di felpe scritte in petto o di vecchie ma dignitose scarpe per descriverne la cafoneria o la sobrietà, elementi pur sempre interessanti nel giudizio anche umano di un politico. Bisogna anche dilungarsi sul colore della cravatta, quando c’è, sul bar preferito e l’aperitivo conseguente. Quando Berlusconi ha definitivamente aperto la diga della residua dignità e riservatezza della politica, molta stampa si è buttata a capofitto nell’inutile intimità di questa gente, dandoci un mucchio di informazioni che la nuova classe dirigente sbandierava volentieri. Non c’è nulla da fare. La vera gola profonda di questa cronaca politica non è il partecipante al convivio che fa la spia al giornalista il quale se lo era sapientemente arruffianato promettendo innocui spazietti personali in cambio di sostanziose informazioni (si faceva così). E’ soprattutto lo chef. Ma con tutto il rispetto per la categoria dei cuochi, io vorrei sapere come ci si sta orientando per il prossimo presidente della Repubblica non che cosa si mangia mentre ci si ragiona sopra.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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