Ora è più facile. Ad esempio, nella recente e decennale guerra degli USA contro l’Iraq lo scambio si è consumato tra lo Stato americano e imprese private che – con i danari dei contribuenti pubblici e in ode e lode dell’efficientismo privatistico e dello stato leggero – hanno fatto una marea di soldi fornendo truppe, servizi di supporto e logistica, servizi di medicazione.
E’ stato il Financial Times e non il Gazzettino del Comunista pre-’89 a raccontarlo: le società private (spesso quotate in borsa, e dunque con ulteriori ritorni di capitale) hanno ricevuto quasi 140 miliardi di dollari, soldini dei contribuenti statunitensi per contratti governativi per servizi che hanno compreso una molteplicità la sicurezza privata, la costruzione di infrastrutture, l’alimentazione delle truppe,il soccorso e il medical care.
Ovviamente il mercato, in questo caso, funziona come Pinocchio “a squola”, letteralmente “a cazzo”. Nonostante la retorica degli stolti-o forse idioti-o forse in malafede-oforse criminali esaltati dell’ideologia neolib, a vincere gli appalti sono stati in pochi: dieci imprese hanno ricevuto il 52% dei fondi e il Il beneficiario numero uno è stata la società di ingegneria energetica e costruzioni Halliburton Co.
Questa società ha ricevuto quasi 40 miliardi di dollari per contratti collegati all’Iraq, molti dei quali assegnati senza alcuna offerta di aziende concorrenti nelle gare: ad esempio il rinnovo di un contratto da 568 milioni di verdoni nel 2010 per fornire alloggi, pasti, acqua e servizi igienici ai soldati (tra l’altro questo contratto è costata una causa del Dipartimento della Giustizia per presunte mazzette)
La seconda impresa per volume di danari dei contribuenti statali per servizi prima resi dall’esercito è stata l’Agility Logistics (quotata alla Borsa di Karachi) e la Kuwait Petroleum Corp. : le due società hanno portato in saccoccia 13,5 miliardi di dollari di contratti statunitensi.
Con l’ingresso di società private nei conflitti bellici il volume della corruzione è letteralmente “esploso”: la Commissione bipartisan sui Contratti in tempo di Guerra in Iraq e in Afghanistan ha stimato il livello di corruzione degli appaltatori della difesa a oltre 60 miliardi di dollari.
Alla fine della fiera, anche senza il pizzo, i costi della remunerazione di questi servizi sono risultati più elevati che pagare dipendenti o soldati governativi per svolgerli, a causa delle finalità di profitto implicite. Lo dice sempre il Financial Times, mica il Gazzettino delle Brigate partigiane comuniste. Molti contratti sono stati implementati senza gara, e quando le imprese riescono a dichiarare il proprio prezzo senza un’offerta concorrente – normalmente – non riducono le spese nel prospetto di gara.
Barack Obama promise di frenare l’abitudine di assegnare contratti federali a imprese favorite senza valutare offerte concorrenti: bene, il trend – secondo il più importante giornale di sinistra dell’Occidente, il Washington Post, è continuato a crescere, del 9% nel solo 2012.
Che poi la Halliburton sia stata fino a un paio di giorni prima dell’insediamento l’azienda di Richard Cheney, 46simo Vicepresidente degli USA, in carica dal 2001 al 2009, Segretario della Difesa, convinto sostenitore di quella “giusta guerra” a satana Saddam (quella per cui il generale-guerrero Colin Powell scatarrò all’ONU una sequela di bugie per cui qualsiasi samurai – a ragione veduta e con il cuore coscientemente in mano – avrebbe fatto harakiri), è faccenda trascurabile, per i convinti sostenitori dell'”efficienza dei mercati”.
Efficienti un cazzo, più ricchi di sicuro. Più ricchi, con la retorica del libero mercato, dell’efficienza che deriva dalla concorrenza, dalla migliore allocazione dei fattori produttivi che ne dovrebbe conseguire etc etc etc… Più ricchi, PUNTO: con i soldi e il culo dei contribuenti pubblici, quello di tutti noi.
Una delle molteplici declinazioni italiane di storie del genere, anche se su fronti lontano dai conflitti bellici, la potete ritrovare, prima di tutto, nel caso Alitalia, “salvata” dai “capitani coraggiosi” con più di 5 miliardi dei nostri soldi, quelli dei contribuenti. Un’azienda ora sull’orlo del baratro, che ha necessitato ulteriore capitalizzazione e l’ingresso di una società straniera. Però erano coraggiosi, i capitani…
Però il “libero mercato” è cosa sana, saggia e giusta. E chi difende un modo corretto di concepire e richiedere un ruolo dello Stato nel governo dell’Economia è solo un povero coglione.
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