In alcuni film o in certi anedotti quotidiani capita che compaia qualche personaggio che ha come passatempo la lettura dei necrologi.
Una passione singolare, che però rischia di perdere terreno a favore di un’altra attività simile, ugualmente grottesca. La lettura degli annunci di lavoro. Le due cose non sono così poi dissimili. Si leggono i necrologi, si dice, per riflettere sulla morte. Leggere gli annunci di lavoro servirà, allora, per riflettere sulla morte del lavoro stesso, tant’è che se il sociologo polacco Zygmunt Bauman parlava di lavoro liquido, forse oggi dovrebbe rivedere la sua celebre teoria e parlare di lavoro “evaporato”.
La lettura degli annunci ti apre alla comprensione del mondo di oggi. Il primo ostacolo da superare è capire cosa chi ha inserito l’annuncio ti stia chiedendo di fare. Se lo capisci, si passa all’elenco dei requisiti richiesti.
Una parola molto usata è “obiettivo”: “Si selezionano con urgenza per la sede di Segrate – la metà dei lavori offerti sono a Segrate, quasi fosse una Silicon Valley, solo che non siamo in California e non si progetta alta tecnologia, ma si cacciano talenti nel fantomatico settore Marketing “in espansione” – giovani ambiziosi in possesso di spiccate doti comunicative, capaci di lavorare per obiettivi, con predisposizione a lavorare in team”; “La capacità di lavorare per obiettivi e un forte orientamento al cliente completano il profilo.” Tradotto, per maggiore chiarezza: l’obiettivo è quello che ti imponiamo noi, se non lo raggiungi, sei fottuto.
Altra parola/requisito sdoganata dai massimi esperti di Human Resources: “ Proattività”. Se pensate che essere semplicemente “attivi” sia una qualità spendibile vi sbagliate, per cui munitevi anche voi del magico prefisso.
Annuncio di un’impresa di pulizie britannica. Per passare il primo step della selezione – sì, selezione – c’è la compilazione di un questionario. Il lessico della domanda numero 5 è spiazzante, fa pensare a parole prese a caso dal dizionario: “ Hai confidenza con gli aspirapolveri?”.
Poi c’è il vocabolario della la discriminazione. “Età massima 30 anni”; io glielo porterei il mio esempio a quelli che mettono questi annunci; a vent’anni io ero una cazzona, posso sapere cosa pensate che si abbia di positivo a vent’anni, che poi si perde misteriosamente una volta passati i 30?
Poste italiane assume! È l’urlo dell’ennesimo portale. Improvvisamente questi uffici di collocamento virtuali offrono un vantaggio per il povero utente, una elemento che può tradursi in un’arma: si possono lasciare i commenti. E allora scatta la vendetta lessicale, sintattica e grammaticale:
“Ma andate a fanculo siamo stanchi di mandare 3000 cv al giorno senza alcuna risposta”;
“Minchiate, grosse. E togliete quei maledetti vecchi inefficienti che ormai hanno già dato;”
“Per fare i postini per 3 miserabili mesi,vogliono diplomati con minimo 70.Ma andate a fare in culo,io ho preso 64 e nn mi sento inferiore ad uno che ha 70 di voto;
“Io ho fatto la domanda 11 volte mai chiamato e vogliono diplomati minino con 70 e c’e gente nelle poste che non sa nemmeno quanto fa 2 +2 andate a cagare;
“I requisiti sono altri devi essere figlia di chi già ci lavora devi essere un pò scema o imbecille o nipote del direttore magari è poi vedi che ti assumono senza neanche inviare il cv”.
“Ma non ve la finite co sti cazzo di link??? Ke sono più falsi di quella gran puttana della vostra mamma!!!”
E’ una reazione simile al terzo principio della dinamica: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria; e se il lessico di chi offre lavoro si adatta ai tempi e diventa ermetico e ostacolante, quello del disoccupato fa altrettanto, a modo suo, e alla richiesta di “pro attività” può anche scattare il liberatorio e inequivocabile “vaffanculo”.
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