Contrariamente ai più, non credo che il voto dei Cinquestelle contro il processo a Salvini sia una opportunistica scelta contro coscienza, volta alla pura gestione del potere e alla protezione di quell’alleato che garantisce il mantenimento di quel potere.
Non credo che quei pochi grillini convenuti sulla piattaforma Rousseau abbiano votato turandosi il naso. No, io credo abbiano votato secondo i loro orientamenti reali, in piena libertà.
Io credo che la maggioranza dei grillini abbia posizioni xenofobe e concordi esattamente con Salvini nella considerazione che l’immigrazione sia un pericolo. Io credo che la maggioranza dei grillini ritenga davvero che quaranta pezzenti su una nave costituiscano un pericolo serio per la sicurezza nazionale.
Basta leggere i loro forum per comprenderlo.
Una parte di loro ha conservato una visione umanitaria e solidaristica del fenomeno immigrazione, ma è l’ala minoritaria che si riconosce in una figura quasi marginale come Roberto Fico. Di Maio e Di Battista, che muovono gli umori della massa grillina, stanno dall’altra parte, per formazione politica e convenienza. L’esito della votazione, per quanto piccolo sia il campione, riflette questi equilibri.
I Cinquestelle erano, dieci anni fa, una costola delusa della sinistra. Oggi sono una succursale della Lega, non per convenienza ma perché i valori di quell’elettorato, mano mano che cresceva, si sono spostati verso il verbo della Padania. Una transizione che li ha resi una massa informe tenuta assieme da un multiforme e indefinito spirito di contestazione verso tutto quel che sa di potere o privilegio, mossa dal furore di un cambiamento purché fosse.
Raccontare il fenomeno migrazione come cinico strumento per le speculazioni di pochi ha finito per includere questa grande tematica del nostro presente nella polveriera delle armi da usare per abbattere il potere. I toni della Lega, in questo senso, sono assonanti con la rabbia di chi vuole spaccare tutto, anche se non sa bene il perché. Non conta quel che si è detto in passato, certe dichiarazioni oggi platealmente sconfessate e contraddette. Il Movimento è un bambino che cresce, umorale e volubile, seguendo mode e innamoramenti effimeri.
E così quella massa informe – che potremmo considerare una spugna immersa nel liquido della politica – si è tinta di verde.
Lo scorso anno presenziai per una serie di circostanze casuali ad un’assemblea dei Cinquestelle, in un centro della Gallura. La presiedeva un europarlamentare del Movimento. Mi colpì l’andamento del dibattito. Qualunque argomento si buttasse nel calderone della discussione, questo scatenava una moltitudine di reazioni contrastanti. Non c’era accordo quasi su nulla. Dinamiche tipiche di un soggetto politico in via di formazione, che non ha ancora presenti i propri connotati.
Ma ricordo anche che, sul tema immigrazione, le voci di chi ripeteva gli slogan di Salvini erano molto più distinguibili e numerose di tutte le altre. Ricordo anche la proposta aperta di un facoltoso imprenditore della Costa Smeralda, che esortò i simpatizzanti a seguire l’esempio del leader leghista sulla chiusura di porti e frontiere. Tutto ciò avvenne prima delle elezioni e non era dettato dalla difesa di alleanze, di cui non si aveva neppure sentore. Compresi che quel movimento, ingrossandosi, era diventato una cosa totalmente diversa rispetto alle premesse. Il voto di ieri è la chiusura del cerchio. Celebrato molto più liberamente e secondo coscienza di quanto si voglia far credere.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design