Il 2 febbraio, negli Stati Uniti e nel Canada si festeggia il giorno della marmotta. Una tradizione che nasce nel 1887 e che consiste nell’osservare il rifugio del simpatico animale. Se la marmotta emerge e non riesce a vedere la sua ombra perché il tempo è nuvoloso, l’inverno finirà presto; se invece vedrà la sua ombra si spaventerà e tornerà di corsa nella tana. In questo caso l’inverno continuerà per altre sei settimane. Dalle nostre parti non abbiamo le marmotte ma ci sono, comunque, tradizioni piuttosto bizzarre quanto il giorno della marmotta. Per esempio, ricordo che da piccolo si doveva osservare i primi dodici giorni di gennaio, ogni giorno rappresentava un mese e il tempo che avrebbe fatto. Me li appuntavo su un foglietto ma i risultati reali erano molto diversi dalle previsioni. Così come il famoso modo di dire “se lo fai a capodanno lo farai per il resto dell’anno” non era molto vero. Saltiamo sui fuochi di San Giovanni con i compari, facciamo ballare i candelieri, aspettiamo che su Componidori centri la stella. Viviamo di speranze e abbiamo un orizzonte armonioso, colorato, pieno di buoni propositi. La storia del giorno della marmotta ricorda i giorni della merla o l’estate di San Martino. Ci crediamo o facciamo finta. Sono piccoli sotterfugi che ci ancorano al passato con il gusto di voler conoscere il futuro. Siamo uomini, non marmotte. E ci piace sognare. Tanto è gratis.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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