La guerra è una grande vergogna, un gioco per gente abituata a vincere solo con la forza e, forse, con la disperazione. Eppure questo gioco crudele continua imperterrito ad essere utilizzato da pochi che coinvolgono molti, quasi tutti ignari e innocenti.
Nella giornata del 2 dicembre, al cine teatro Astra, a Sassari, è accaduto qualcosa che non succedeva da anni: la gente dalla platea ha preso coraggio ed è intervenuta. Per la prima volta decine di persone hanno potuto avere voce su quella guerra che i media raccontano lasciando il microfono aperto solo agli attori del palcoscenico. Non era un convegno e non vi erano relatori. Si è deciso di consegnare il microfono alle persone sedute in platea. Gli interventi del pubblico mi hanno affascinato, sono stati qualcosa di bello, di eccezionale, di “vintage” ed è stato messo in primo piano quello che ai tempi dell’impegno si chiamava “dibattito”, in questi malinconici tempi sostituito con diatribe insulse nelle bacheche virtuali dei social.Le persone vogliono parlare e sentire gli altri. Vogliono confrontarsi e vogliono ribattere. La guerra si nasconde in mille rivoli di conflitti, costringe allo schieramento e costringe a dividere il mondo tra buoni e cattivi. Ieri, a Sassari non è accaduto niente di tutto questo. Non era un talk show, non c’era un teatrino precostituito. Gli interventi raccontavano la voglia di essere protagonisti, camminavano sulle paure e sulle passioni. Le diapositive sulle mutilazioni, sulle morti, sulle infinite “disamistades” trapiantate in un mondo increspato ed impaurito hanno arricchito le parole di chi, comunque, aveva una sua opinione, diversa dai vari “maître a penser” urlanti nei vari salotti televisivi. E quelle parole, quei concetti, hanno camminato tra le canzoni di Fabrizio De Andrè, De Gregori e John Lennon e hanno costretto tutti ad osservare quello strano giocattolo chiamato guerra: mai giusta, mai utile, sempre a discapito di tutti. Quelle persone (ed erano tante) presenti presso in cine teatro Astra di Sassari volevano rompere gli schemi, rompere il silenzio assordante dell’Onu e far sentire il rumore di chi, comunque, ha diritto alla parola. Rompere le armi è un punto di partenza. Gli organizzatori (intrecci culturali, fermiamo la guerra Sassari, Acli Sassari e Laudato sì) sintetizzeranno tutti i concetti evidenziati dai partecipanti e scriveranno un documento da consegnare ai deputati sardi che sarà consegnato fra qualche settimana nella bellissima terra d’incontri a S’Aspru, nella comunità di Padre Salvatore Morittu. Perché solo chi ha visto la sofferenza, chi ha respirato l’umiliazione degli ultimi può consegnare quelle parole a chi in parlamento rappresenta una Regione. E’ un piccolo passo, ma necessario. Sassari e la Sardegna vogliono far a meno della guerra. Per sempre. Ne hanno discusso i partecipanti anche con musiche contrastanti, anche con soluzioni diverse ma la guerra è sempre la peggiore delle soluzioni. E’ stato detto che dovremmo sempre partire dalle cose che ci uniscono per dialogare. Ecco: il 2 dicembre, a Sassari è accaduto questo piccolo miracolo: diversi sentieri si sono uniti. Tutti contro la guerra. Ed è un bellissimo risultato.
Giampaolo Cassitta.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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