Continua il mio personale diario sulla visita in Israele avvenuta proprio nei giorni “caldi” dello scontro purtroppo ancora in atto. Ribadisco: sono solo istantanee di quei giorni unite alle parole che ho sentito e ai silenzi che ho registrato.
Il silenzio e il vento sovrastano tutto e tutti. Solo qualche piccola baracca di beduini si intravvede lungo una strada piatta e veloce. Hanno speso molti soldi nelle strade gli israeliani. Hanno costruito strade doppie mi dicono. Senza pensare minimamente all’impatto ambientale, aggiungo, osservando le strisce d’asfalto che pitturano di nero uno scenario lunare. Le strade sono costruite non per comodità, ma per non dover passare nei territori palestinesi. Lo fanno anche a ridosso delle città, dei quartieri, costruiscono strade per isolare, per sentirsi sicuri, per non dover calpestare il suolo palestinese disegnato a macchia di leopardo. Il deserto era popolato di asceti ed eremiti negli anni prima del Cristo. Gente che decideva di passare la propria vita nel silenzio ancestrale, nel caldo, nel vento, nell’immensa solitudine. Osservando, oggi, queste caverne vuote corrose dal tempo, questo vento che sferza e modella ma non smuove mai niente, solo polvere, perché il deserto di Giuda è composto da dune di terra dura, ti rendi conto che questo lembo di terra apparentemente tutta uguale, rappresenta la storia di questi giorni, quello che questo paese sta vivendo e non riesce a scrollarsi di dosso. Politici incapaci e non in sintonia con i propri popoli. Vento cattivo e duro che recide le speranze. Orizzonte senza nessuna novità. Il deserto di Giuda rappresenta il deserto delle scelte, l’impossibilità a trovare le parole così come da queste parti è impossibile trovare una casa. L’oasi è solo un puntino verde scuro che si affaccia in un deserto giallo opaco.
Questo non si comprende lontano dalle città e dalle cose: l’ottusità di voler risolvere tutto annientando gli altri. Vecchia storia e gli ebrei, purtroppo, la dovrebbero conoscere bene. Sono stato quasi schiaffeggiato da un vento forte, caldo, avvolgente. Ho capito cosa possa significare predicare nel deserto. In un deserto, come quello di Giuda, dove neppure l’eco delle parole riesce a funzionare.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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