Ormai è chiaro che viviamo in una società vulnerabile. La prima avvisaglia l’abbiamo avuta quando, finita l’ebbrezza per le infinite possibilità che il computer improvvisamente ci offriva nel processo di archiviazione dei nostri pensieri, ci siamo resi conto che quegli stessi documenti scritti e salvati erano continuamente esposti agli infiniti e imprevedibili crash del sistema, un sistema che li vanificava a una velocità maggiore di quella a cui li aveva prodotti. Così ci siamo chiesti se affidare i nostri ricordi, le nostre immagini in particolare, a un supporto esterno, non fosse la panacea di tutti i problemi pregressi, in particolare la difficoltà di concentrare e conservare la mole di idee ed esperienze che il nuovo mondo ci costringeva ad accumulare. E la risposta è stata chiara: la mente umana, pur nella sua variabile imperfezione, è l’unico archivio affidabile delle emozioni e la carta, forte delle sue verifiche millenarie, l’unico strumento adatto a conservarle, insieme alla pietra, materiale ancora più antico e per questo quasi totemico ai nostri occhi. Quante volte abbiamo ripetuto il mantra Gli uomini scompaiono, la carta può essere bruciata, ma i monumenti resteranno per sempre a testimonianza della storia dell’uomo? E invece no. Anche qui è giunta, puntuale, una realtà che ha capovolto ogni nostra più ferrea convinzione. E questa realtà si chiama Isis. Khaled Asaad, il custode di Palmira, era un uomo che amava le sue pietre e i suoi monumenti fino a morire per salvarli. Aveva 82 anni e da 60 portava in giro per il mondo i risultati dei suoi studi su quella che già allora veniva definita la Venezia del deserto, la città fondata nel I secolo dai Seleucidi. I miliziani dello Stato Islamico gli hanno tagliato la testa, appendendolo a una delle colonne più antiche del centro della sua città. La sua colpa? Essere riuscito a sottrarre centinaia di preziose statue dalle mani dell’Isis che avrebbe preso da tempo a commerciarle per autofinanziarsi. Cosa possiamo fare noi per preservare la memoria di questo martire della Civiltà universale e allo stesso tempo fermare un processo che attualmente sembra irreversibile? Ricordarlo, e con lui celebrare il sacrificio di un uomo che si è immolato per salvare delle pietre, in un’epoca in cui la Rete, spesso usata anche dall’Isis per diffondere i suoi crimini, sembra cancellare lentamente l’importanza di monumenti e libri che hanno il torto di rallentare il suo folle, inebriante accumulo di informazioni.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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Ciao a Franco dei “ricchi e poveri”. (di Giampaolo Cassitta)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
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Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
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