Il caso Zurru-Moretti dimostra questo: la censura e il potere non divorziano mai, neanche quando il potere si incarna in un contesto che dovrebbe essere democratico, come il sistema formato da Stampa, Università e Politica, nell’Italia del 2014.
Qualche giorno fa l’Onorevole Alessandra Moretti ha rilasciato delle dichiarazioni di una vacuità imbarazzante, specie per chi, come me, sta facendo ogni sforzo per continuare a sperare che il nuovo corso renziano serva almeno a liberare il paese da certi vecchi tromboni della prima repubblica, francamente inutili e dannosi. La politica piegata alla cosmesi, però, mette a dura prova anche un antidalemiano come me.
Certo è che il vuoto pneumatico di certe uscite, in questo caso partorite dalla fidanzata di Giletti, in un paese normale merita reazioni di ogni tipo.
Marco Zurru, Sociologo dell’Economia all’Università di Cagliari e autore di appassionati studi e pubblicazioni a favore delle politiche sociali di sostegno alla donna e all’infanzia, ha reagito a quelle parole insulse.
Ha scritto un post antisessista, con quel suo linguaggio da minatore anarchico di Iglesias che a me personalmente piace molto, attaccando il sessismo implicito della Moretti che demoliva Rosi Bindi sul piano dell’estetica, anziché su quello del suo attaccamento al potere. Dimostrando che per la Moretti, l’attaccamento al potere in sé non è un disvalore, mentre i peli nelle gambe si.
Però ha commesso un errore, Zurru: ha usato termini gravissimi, tipo “figa”, che in un sistema sessista e sessuofobo come l’Italia, non vanno usati mai per dileggiare un(a) potente, pena la messa all’indice.
Io mi sono preso la briga di riscrivere, nella mia testa, il pezzo di Zurru, che trovate su Sardegnablogger col titolo “La Figa al potere: un disastro sociale”, sostituendo le parolacce e le immagini triviali con sinonimi più eleganti. Non sono intervenuto sui contenuti, ma solo sui termini. E al posto di “figa” ho messo “bella donna” o “sensualità femminile”, al posto di “dare due colpi o anche quattro” ho messo “ritenere desiderabile” ; in luogo di “gli si gonfia il pacco” ho messo “prova del desiderio”; al posto di “che cazzo c’entra con la politica” ho messo “che minchia c’entra con la politica”. Ne è venuto fuori un quadretto desolante sul rapporto tra politica, informazione e cultura. Un quadretto che, per chi non è né bigotto, né sessuofobo, né sessista, era evidente anche nella versione zurresca del testo, ma che mi sa dovrò rendere disponibile per chi, invece, è affetto dalle succitate sindromi. Soprattutto dal bigottismo calcolato. Il peggiore.
Il risultato dell’articolo di Zurru comunque è stato clamoroso: il Sito e la Pagina FB si Sardegnablogger hanno ripreso a bollire come nel momento in cui ci siamo messi a scrivere dei Giganti di Mont’e Prama o come quando siamo diventati il bersaglio preferito delle Sentinelle in piedi. Due momenti esaltanti, non c’è che dire. Nell’Affaire Zurru, però, c’è una novità. L’Università, per bocca del Rettore, costretto evidentemente da pressioni arrivate da Roma (escludo che in Via Emilia siano in grado di premere), ha annunciato sulla stampa che ci saranno conseguenze nei confronti del Docente, non so se di carattere disciplinare o economico o professionale. Spero che l’Università, dopo che tutti si saranno riletti bene l’articolo, non arrivi a tale esito punitivo. Fatto sta che un articolo in cui si dice la verità con un linguaggio meno volgare della sottrazione di fondi ai gruppi, per dirne una, viene messo alla gogna. Quello che impressiona è la facilità con cui molte persone vicine al potere, a sinistra, si alzino indignate a gridare allo scandalo, accusando di sessismo un articolo chiaramente antisessista (rileggetevelo). Come se fare la Hola, oggi, in Italia, fosse l’unico modo per sentirsi politicamente vivi.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
Mi dispiace, ma io so’ io e voi non siete un…. (di Giampaolo Cassitta)
Cutolo e l’Asinara (di Giampaolo Cassitta)
Mi ami? Fammi un riassunto. (di Giampaolo Cassitta)
Cari radical-chic guardate Sanremo e non fate finta di leggere Joyce. (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo, Italia.
La mia ora di libertà (di Giampaolo Cassitta)
A vent’anni si è stupidi davvero. A 80 no. (di giampaolo Cassitta)
La musica ai tempi del corona virus: innocenti evasioni per l’anno che verrà. (di Giampaolo Cassitta)
Capri d’agosto (di Roberta Pietrasanta)
Il caporalato, il caporale e i protettori (di Mimmia Fresu)
Marshmallow alla dopamina (di Rossella Dettori)
377 paesi vivibili (di Roberto Virdis)
Per i capelli che portiam (di Mimmia Fresu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 17.663 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design