Caro Francesco, io non lo so se è una scusa inconscia. Però queste elezioni regionali mi fanno venire in mente un’altra importante tranche de vie di quell’alto funzionario di cui ti ho raccontato l’altro giorno. Ricordi… quello scambio di casini nella notte sassarese? Allora l’elemento scatenante del ricordo è stato Berlusconi che confondeva il convegno del Pd con quello del suo partito (e non fare come sei solito lo spirito di patata dicendo che tra i due è facile sbagliarsi), questa volta sono le vicende di Veneto, Liguria & C. Perché? Eppure Renzi, Toti e Zaia sono uomini d’onore. E allora? Boh! Dev’essere che in questi giorni mi viene da pensare ai casini, anche se quando li hanno chiusi avevo sei anni. Comunque, ricorderai che il non più giovanissimo funzionario era un cultore di bordelli e che conosceva i migliori di ogni parte della nazione. Agli inizi degli anni Cinquanta fu informato dell’apertura a Trieste di una nuova casa di accoglienza detta “L’Imperiale”, una sorta di faro per il meretricio di tutta la Mitteleuropa. L’uomo chiese quindi una settimana di ferie, che tra piroscafo e treni vari, andata ritorno ci voleva tutta, e partì non senza prima commettere l’ imprudenza di confidare al collega chiamato a sostituirlo il motivo dell’improvviso congedo. Questi, un vero e proprio genio, telefonò alla prefettura di Trieste avvertendo che l’arcivescovo di Sassari aveva deciso di grattarsi via un prurito scegliendo per motivi di opportunità quel luogo lontano dalla sua città. Facessero quindi di tutto perché l’Imperiale gli garantisse un trattamento confacente al rango e soprattutto riservatezza. A Sassari, caro Francesco, non se la sarebbe bevuta nessuno, ché tutti sapevano che l’arcivescovo oltre che un sant’uomo era anche uno di polso che avrebbe strappato la tonaca di dosso a mani nude a qualsiasi prete che osasse entrare in uno di quei luoghi. Ma a Trieste non lo conoscevano e si inghiottirono esca, amo, lenza e anche un pezzo di barca. Diedero quindi ordine all’Imperiale di accogliere nel dovuto modo l’illustre ospite. A riconoscerlo, specificarono, sarebbe bastato il giorno di arrivo e l’accento marcatamente sardo. La settimana successiva, al ritorno in ufficio, il collega si affrettò a chiedergli notizie. -Ebbè, cumenti è andada? -Un ammacchiu! -E lu logu? – Un incantu! Gaibadi, si incinabani mancu fussia chissà cà. La maitresse, m’è parudu, a un zerthu puntu s’è puru inginucciadda. -E li bagassi? – Beddi, puridi e ripittosi. M’ani purthadu in una sara senza l’althri crienti. Pusadu su un safà cumenti un papa, mi li faziani intrà una a una, finaghì non n’aggiu isciubaradu una. -Tuttu bè, tandu? -Emmu… a parthi un macchini di la prima pizzinna. -La prima! E parchì, canti n’ai pigliadu? -No, chistha mi l’ani ciambada eddi parchì era isthrana. A lu beddu megliu s’è postha a pignì: “Padre, sono una peccatrice!”. A parthi chi no soggu babbu toiu, propriu abà ti n’ammenti che sei peccatrice? Nudda di fa… Aggiu sunadu la campanedda, subidu n’è accudida la maitresse e m’ani ciambadu la bagassa. Una lasthima, parò, acchì era già beddu fatto e v’è vuruda un’ora a priparammi un’althra voltha.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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