Non è bello sorridere di chi, dopo una condanna passata in giudicato, deve varcare le porte del carcere. Quel momento – terribile – è segno di una doppia sconfitta: del reo, che si accinge all’espiazione di una condanna e della società che non è riuscita a trovare risposte diverse dalla segregazione. Non ho mai amato Roberto Formigoni come uomo politico e neppure come uomo in sé: assolutamente lontano dal mio modo di vedere le cose e i disegni del mondo. Mi ha fatto però molto male leggere frasi o epiteti ingiuriosi su un uomo di quasi 72 anni che deve pagare il conto con la giustizia. Quel modo spesso becero di chiosare con modi abusati e stantii: “speriamo buttino la chiave, devi marcire in galera” e in una certa parte della barricata c’è chi, addirittura, porta come proprio scalpo la vittoria della certezza della galera ad un uomo che aveva bisogno del silenzio mentre varcava quei gradini del carcere e non della gogna mediatica, inutile, stupida e controproducente. Chi parla di “galera” con molta facilità non ha la minima idea cosa significhi passare solo una giornata tra le sbarre, tra i rumori soffusi di un mondo complesso e disumano ma, nello stesso tempo, molto più dignitoso ed umano di chi, invece, la augura a chi non sopporta. Non ho mai amato chi voleva risolvere il problema di Silvio Berlusconi con il carcere. Non si combatte nell’arena politica con armi diverse dal confronto – seppure serrato e duro – e dalla passione. Formigoni è stato giudicato colpevole da un Tribunale dello Stato ed è stato giudicato colpevole in nome del popolo italiano. Dovrà scontare giustamente e dignitosamente la sua pena per un periodo in carcere e poi, se il suo comportamento e la sua propensione al confronto sarà positiva, potrà ottenere i benefici che la Legge prevede. Benefici previsti per tutti e non solo per Formigoni. Si abbia il coraggio di rispettare le leggi, sempre e comunque. E si abbia, soprattutto, il coraggio di rispettare chi varca quella terribile porta che è il carcere.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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