Dalla pagina FB del Comune di Ploaghe: “A seguito del ferimento del cane avvenuto alla vigilia di Natale si sono diffuse, anche a causa degli articoli comparsi su alcuni quotidiani on line, delle notizie non veritiere rispetto alla causa di tale ferita. Oggi la clinica universitaria – congiuntamente con l’asl – ha stabilito definitivamente che il trauma è stato procurato da un arma da fuoco caricata “a pallettoni”. Dispiace che a causa di un’informazione sbagliata, di cui i giornali devono assumersi la responsabilità, un’intera generazione di giovani ploaghesi debba essere messa alla gogna mediatica per un fatto mai accaduto e che prescinde dal fatto che il giorno prima l’amministrazione comunale abbia emanato un’ordinanza che invita ad un uso consapevole dei botti limitandone l’utilizzo alle sole aree private. Nello stigmatizzare ad ogni modo l’accaduto si invita chiunque abbia informazioni sui presunti responsabili del reato a rivolgersi alle autorità competenti.” Quindi non era vero. La fretta di fare notizia, spesso, mette alla berlina gente innocente. L’immagine drammatica del cane di Ploaghe con le fauci devastate dall’esplosione, ha campeggiato nella giornata di ieri nelle bacheche di molti. Il gioco di ragazzini con petardi, si è detto. Giù insulti, maledizioni e strali di una violenza inaudita. Il più carino è “possiate morire tra gli stessi atroci dolori voi e chi vi ha generato”. Certo, emotivamente l’immagine di quel cane faceva proprio male. E’ umano e comprensibile provare odio per un gesto così atroce. Una società capace di indignarsi per un gesto così riprovevole dimostra senz’altro sensibilità e nobiltà d’animo. Però internet è un mezzo che dovrebbe darci il tempo di riflettere un attimo, c’è un differimento del tempo tra l’impulso e la deliberazione della volontà, che dovrebbe consentirci un minimo di riflessione. In troppi casi, ho notato, ci si lascia andare con troppa foga a commenti irragionevoli e parossistici, anche per futili motivazioni, l’ambulante che infastidisce o il ciclista che ti rallenta. La violenza si cura con la ragionevolezza e con l’esempio. Spesso il vetro del PC è diventato come l’abitacolo dell’auto, uno schermo che ci da l’illusione di essere avulsi dalla società, dove possiamo scatenare il mostro che è in noi. Occorre stabilire il limite ideale tra la giusta indignazione e la vendetta violenta e diseducativa. E soprattutto chi ha la responsabilità di informare lo deve fare con grande scrupolo e correttezza. Perché poi si scopre che quei ragazzini il cane lo avevano soccorso, e la mandibola era stata frantumata da un colpo di fucile da caccia, certamente per errore. E’ da tempo che vado dicendo che, almeno nei giorni di festa, farei fare un alcool test ai cacciatori, per una semplice ragione di sicurezza. Ma questo è un altro discorso. Chissà, forse questa storia nasconde una buona notizia, e un motivo, davvero profondo, di introspezione per tutti. Intanto il cane sta meglio, dopo una lunga operazione, e forse si salverà. E se si salverà lo dovrà a dei ragazzini che lo hanno soccorso e portato dal veterinario com’è giusto fare in una società civile. Anche se il mondo che gli stiamo preparando, tanto civile, forse, non è.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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