Quante volte è successo che davanti ad un’idea che non arriva, ad una decisione difficile ci siamo detti: prendiamoci un caffè. E’ un modo per decidere di non decidere, per stemperare le scelte, per ritrovarsi, almeno per un attimo, nelle solitudine delle scelte. Ci sono anche i luoghi che raccontano. Prendere un caffè al vecchio Bar 76 in passeggiata, ad Alghero, era diverso che prenderlo alla Casa del caffè, ai giardini. Faceva la differenza ideologica: da una parte si era di sinistra, ai giardini di destra. Nonostante fosse sempre il solito caffè. Però quando le scelte erano meno emozionali e legati soprattutto al male di vivere, il bar era quello davanti al porto. E valeva per tutti. Perché era un bar triste. Soprattutto d’inverno. Si entrava velocemente e si chiudeva subito la porta lasciandoci il maestrale alle spalle, insieme alla voglia di continuare. E da quelle parti, all’interno di quel caffè triste, si decideva per un vermentino o una vernaccia. E, in questi casi destra e sinistra andavano d’accordo. Oggi i bar hanno nomi complessi, winebar, si versano gli apericena, è tutto molto più affascinante e colorato. Sembra non ci sia più spazio per quei tavoli rotondo in formica dove ci si rintanava a discutere di amore e libertà, a correggere volantini e a rubare sguardi alla Valeria o Carlotta di turno. Ma il bar davanti al porto era la meta di tutte le disillusioni. Era il cafè triste, dove passavano quelle nuvole dense e da dove si vedeva la spiaggia vuota e silenziosa. A quei tempi le cose cambiavano molto lentamente e c’era il tempo per un giro armonico di vermentino e di vernaccia. Era un bar adatto per dimenticare o, perlomeno si tentavano altre strade. Ho sempre pensato che presso alcuni luoghi si addensi il male di vivere e la necessità di condividerlo con altri. In quel caffè triste sono passati i tradimenti di un’intera generazione. Gente che ha lasciato la sua compagna, sua moglie, la sua amante, il suo partito, il lavoro. Gente che ha fatto a cazzotti con la vita e gli sono rimaste le cicatrici. Per sempre. Si tirava sempre molto tardi, fino a mezzanotte e quando passava, nel vecchio Teac di Antonio, il gestore del bar, il pezzo degli Eagles; allora quel bicchiere diventava un bel pezzo di vita e di rimpianto in quel piccolo cafe triste, in quel Sad cafe: “So meet me at midnight baby, inside the Sad Cafe. Why don’t you meet me at midnight baby, inside the Sad Cafe.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Io, Chiara e Francesco Nuti (di Giampaolo Cassitta)
La strana storia del Dr. Gachet. (di Giampaolo Cassitta)
Temo le balle più dei cannoni (di Cosimo Filigheddu)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Ha vinto la musica (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Elisa o il duo Mamhood &Blanco? (di Giampaolo Cassitta)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Morto per un infarto Gianni Olandi, storico corrispondente da Alghero della Nuova Sardegna (di Gibi Puggioni)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 17.705 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design