Nell’ottobre del 1972, il Corriere della Sera pubblicò un sondaggio realizzato dalla Doxa per stabilire quale fosse l’attenzione degli italiani verso la politica. Due dati emersero su tutti: il 43.9 per cento degli intervistati non conosceva il nome del Presidente del Consiglio, mentre al 49 per cento del campione non interessava minimamente che il Governo restasse in carica o cadesse. Alla metà degli italiani, nel 1972, la politica era del tutto indifferente. E poco meno della metà degli italiani, in quell’anno, sapeva che il capo dell’esecutivo era un tale Giulio Andreotti. Basta guardare indietro di qualche anno per comprendere che la disaffezione per la politica non è un fatto nuovo, ma più probabilmente connaturato con l’indole della maggioranza di questo popolo. Sono notizie che ho trovato alle pagine 270 e 271 di “Maledetti ’70- storie dimenticate degli anni di piombo”, il prezioso saggio (Gog edizioni, 15 euro) su quel tormentato decennio scritto dai giornalisti e scrittori Nicola Ventura e David Barra. La firma di Nicola, quarantenne cagliaritano, i più attenti se la ricorderanno anche in fondo ad alcune inchieste scritte per diverse importanti testate online (tra queste anche Sardegnablogger), qualche anno fa. È, il suo, un giornalismo di qualità, basato sullo studio delle fonti originali e su scrupolose verifiche dei fatti. Perciò ha tempi più meditati e meno immediati, ma produce risultati senza dubbio più rispettosi verso il lettorato. “Maledetti ’70” è una lunga ed articolata ricerca che mescola il sangue del terrorismo politico con innocenti fatti di cronaca e costume, cercando di sfuggire ai luoghi comuni su un’epoca che è molto più vicina di quanto sembri. Se oggi primi ministri o ministri di seconda fila appaiono in televisione con irritante frequenza, forse lo devono un po’ al summenzionato Andreotti. Fu il Divo Giulio, nel 1976, a farsi intervistare in diretta televisiva dalla Rai. E fu la prima volta in assoluto per un capo di governo. Ma non c’è solo la politica istituzionale o quella extraparlamentare confluita nella guerriglia urbana di quel tempo. Non si trovano solo Giusva Fioravanti, Mario Tuti, Pierluigi Concutelli, Alberto Franceschini e Renato Curcio, nelle pagine di questo lavoro. C’è molto di più. Qualcuno si ricorda dell’adolescente “Agostino ‘o pazzo”, vero nome Antonio Mellino, che in sella ad una Gilera dava spettacolo nel centro storico di Napoli, attirando le forze dell’ordine ma seminando regolarmente i segugi al suo inseguimento con evoluzioni da funambolo, impennate e manovre spericolate? Era l’estate del 1970 e alle sue prodezze assistevano centinaia di persone, ormai abituate agli spettacoli notturni del giovane centauro. Non era solo un fenomeno da circo, Mellino, ma rappresentava la ribellione verso l’ordine costituito dello Stato, rappresentato dai poliziotti su due ruote cui Agostino ‘o pazzo riusciva sempre a sfuggire. E qualcuno si ricorda di Raffaele Minichiello, irpino trapiantato da giovanissimo negli Stati Uniti, tanto da averne indossato la divisa militare in Vietnam? Qualcuno si ricorda del suo bizzarro dirottamento, di cui parlò nel 1970 tutto il mondo? No, non vi dico altro, perché “Maledetti ’70” dovete leggervelo, per capire quanto ci sia nei giorni nostri dello spirito di quei tempi. Aggiungo solo un’ultima notazione. Il saggio nasce dall’ottimo lavoro che Ventura e Barra hanno svolto con “Spazio 70”, un sito nel quale i due autori ripropongono fatti di cronaca di quel decennio. Mai banali, sempre stuzzicanti e ricchi di retroscena.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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