Un pomeriggio d’agosto dell’anno 2001 il telefono della redazione per la quale lavoravo squillò: rispose un collega che, con una certa sorpresa, apprese di avere in linea Beppe Grillo.
Era, al tempo, solo un comico in disarmo sul quale pendeva ancora l’antica scomunica socialista, benché i socialisti fossero praticamente scomparsi dalle stanze del potere da un decennio.Ed era ancora lontana la stagione del suo impegno politico e la sventurata sfida lanciatagli da Piero Fassino.
Beppe Grillo passava le sue vacanze nel piccolo appartamento del Pevero golf club, in Costa Smeralda, andando spesso a fare il bagno a Liscia Ruja.E proprio dalla spiaggia dei vip, di cui faceva a pieno titolo parte, aveva chiamato il giornale, con lo spirito di un giovane corrispondente ansioso di dare la notizia.Era stato testimone della scorribanda in spiaggia di una famigliola di cinghiali, ingolositi dagli avanzi di cibo abbandonati nei cestini dai bagnanti.Grillo lo raccontò come un evento eccezionale e, se male non ricordo, credo fosse stato lui stesso a procurare la foto delle bestie in processione tra gli ombrelloni, finita il giorno dopo in prima pagina.Parliamo di ventuno anni fa.Perciò mi è venuto da ridere leggendo i titoli unificati su La Stampa e Repubblica sui cinghiali che “fanno irruzione e si rilassano in un giardino di Costa Paradiso: è allarme anche in Sardegna”, come fosse chissà quale straordinario avvenimento.
Capisco la sorpresa nel vederli colonizzare le nostre città, ormai abituati alla convivenza con gli umani, non lo stupore nel sapere che invadono prati e giardini di località turistiche.
Ricordo che la chiamata di Grillo, al tempo, ci era sembrata un po’ ingenua e ironizzammo sulla meraviglia di un continentale di città che forse cinghiali non ne aveva mai visto prima in vita sua.
Perché anche nel 2001 le sempre più temerarie apparizioni dei cinghiali non era questa gran novità.
Nel 1993 lavoravo nella sicurezza privata del Consorzio Costa Smeralda. Ero stato affiancato ad un collega anziano e spesso venivamo assegnati alla zona dell’hotel Cala di Volpe.In quegli anni, ai limiti della pertinenza dell’albergo cresceva un bell’albero di fico, i cui rami sconfinavano oltre il muro perimetrale e spiovevano sulla provinciale che porta a Romazzino e Capriccioli.
Ad una certa ora della notte faceva la sua apparizione un branco di cinghiali, forse attirati proprio dai fichi ormai maturi.Erano sedici, alcuni molto piccoli.Si installavano in mezzo alla strada e poi si coricavano in un parcheggio dall’altro lato della strada, spesso accanto alla nostra auto di servizio da cui noi assistevamo, in silenzio e con le radio in selettiva, a questo curioso spettacolo.Loro avvertivano certo la nostra presenza, ma non ne erano particolarmente impressionati.Parliamo di ventinove anni fa.
Ho scritto queste righe perché sempre più spesso mi pare che le notizie, come certi amori, fanno lunghi giri e poi ritornano.Ma spesso non sono più veri amori, né vere notizie.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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