C’è una vedova palestinese, vive in una piccola casa al confine tra Cisgiordania e Israele. Ha perso il marito dieci anni prima e l’unico figlio è emigrato negli Stati Uniti, tentando inutilmente di convincere la madre a seguirlo. La donna tira avanti con i miseri proventi ricavati dalla vendita dei limoni coltivati nella proprietà ereditata dai genitori, attività nella quale è aiutata da un anziano bracciante. Una vita di fatiche e povertà, ma tutto sommato regolare. Fino al giorno in cui il ministro della Difesa israeliano decide di costruire la sua villa privata dall’altro lato del confine, finendo col diventare vicino di casa di Salma (la donna si chiama così e so che, date le circostanze, vi farà ridere). Da un lato della linea immaginaria una vedova e un vecchio che cercano di strappare il pane quotidiano a quel pezzo di terra, dall’altra parte le feste e i ricevimenti del potente politico ebreo, nella casa sorvegliata giorno e notte dall’esercito. Ma non è tanto il contrasto tra le loro esistenze a determinare la nostra storia, quanto la decisione dei militari israeliani di imporre il taglio dei limoni dal giardino di Salma: rappresenterebbero un rischio troppo alto per la sicurezza del ministro, favorendo possibili attentati. Salma resiste, si oppone, trova un giovane avvocato disposto ad assisterla, non si dà per vinta quando il primo tribunale respinge il suo ricorso e arriva a rivolgersi alla Corte Suprema d’Israele. La sua battaglia diventa in breve un caso nazionale. Questa è la trama de “Il giardino di limoni”, un film nato da una produzione israeliana e tedesca, uscito nel 2008 ed accolto trionfalmente dalla critica internazionale. Ho deciso di parlarne perché spesso non bastano le cronache surgelate dei telegiornali per spiegare esattamente cosa accada in quelle terre insanguinate, a noi che stiamo da un’altra parte del mondo. A volte occorre la potenza comunicativa dell’arte per trasmettere il dolore, l’orgoglio, la dignità, meglio ancora se appartengono ad un uomo solo che si batte contro un avversario mille volte più forte di lui. Scrivo un uomo e non una donna perché, uscendo dalla finzione della pellicola, il film trae ispirazione da un fatto realmente accaduto negli anni novanta: era già capitato, infatti, che un contadino palestinese si fosse visto togliere l’unica ricchezza posseduta, un frutteto, dalla decisione dei militari di Israele. La scena finale del film è di una forza espressiva commovente: il tribunale ha deciso che solo una parte degli alberi debbano essere tagliati, quanto basta per garantire le condizioni di sicurezza richieste dai militari. Mentre il ministro scruta la proprietà della indomabile vicina, Salma passeggia nel suo giardino accarezzando le piante potate per decisione della Corte suprema, del cui tronco sono rimasti solo pochi centimetri. Capisce che la sua battaglia l’ha vinta e che i suoi limoni stanno ricrescendo. La decisione di un giudice non ha fermato la natura, nemmeno quella di una donna che non ha voluto chinare la testa. Vale la pena di vedere questo film per capire cosa sia la vita da quelle parti. Anche se vi ho rivelato il finale e anche se la contesa è solo per un giardino di limoni.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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