E’ notizia di queste ore che il governo ha stanziato due milioni di euro per gli scavi nel sito archeologico di Mont’e Prama. Noi crediamo che l’investimento occorrente per una risorsa strategica, non solo per il territorio, ma per l’intera nazione, debba essere decisamente superiore. Se consideriamo che per la grande truffa del G8 di La Maddalena, furono stanziati 400 milioni di euro, ed un solo albergo costò la bellezza di 170 milioni di Euro, ci rendiamo conto della pochezza della cifra stanziata. Ma lì c’erano gli amici degli amici che dovevano lucrarci. Tuttavia qualcosa si è mosso, e questo stanziamento è da considerare come un deciso passo avanti nella considerazione del problema. Giusto per essere critici, doverosamente, ma non ipercritici. Non finisce qua, naturalmente, e noi di Sardegnablogger continueremo a fare la nostra parte, confortati dall’attenzione che in questi giorni i lettori ci hanno riservato, davvero numerosi. Anche altri network si stanno sempre maggiormente interessando della questione, e la cosa non può che farci piacere e stimolarci. Però vorrei fare una riflessione, a questo proposito. Immediatamente, in relazione alla elaborazione di teorie alternative, ormai scatta automatica la parola. La parola che è diventata di linguaggio comune, e che serve come tappo, come fuoco di sbarramento per ogni versione alternativa della storia nuragica, per tutto ciò che pone in evidenza le statue di Mont’e Prama come significative della storia del Mediterraneo. Mitopoiesi. Tutto ciò che va fuori dal coro ormai viene tacciato di mitopoiesi. Ora, trascurando il fastidio che possono provare i mainstream accademici e mediatici per una lesa esclusività del sapere e dell’informazione, mi verrebbe da dire che questo disco incantato della mitopoiesi, questa ossessione di voler gettare nel cestino del mito anche avvenimenti e fatti storici, abbia a che vedere con l’incapacità di noi sardi di risolvere il nostro conflitto identitario e con la conseguente vergogna che ne deriva. Solo in Sardegna si tende, ad esempio, a confondere il mito con la storia. Per fare un esempio, i francesi sanno bene che Giovanna d’Arco è una storia più simbolica che reale, e che ha una funzione di creare un immaginario collettivo alla quale riferirsi. Se Giovanna d’Arco fosse sarda, sarebbe tacciata di mitopoiesi e gettata nel cestino. Ora il mito è il mito e la storia è la storia, sono due cose diverse e distinte e vanno considerate come tali. Nessuno ci impedirebbe di considerare Eleonora d’Arborea “anche” un mito, ma non lo facciamo, ci vergogniamo. Mitopoiesi. Ma noi sardi facciamo di più. Gettiamo nella mitopoiesi anche i fatti storici realmente esistiti, come il disboscamento dell’isola, la Brigata Sassari, la strenua resistenza contro i romani, gli arabi, gli spagnoli, i francesi. Tutto nel cestino. Mitopoiesi. E così anche le statue di Mont’è Prama finiscono nella mitopoiesi. Peccato che certe cose, sulla civiltà nuragica, le ha dette il fondatore della moderna archeologia, Vere Gordon Childe, le ha dette uno dei fondatori della moderna storiografia, Fernand Braudel, e tanti altri valenti storici, archeologi e studiosi. Non sia mai che il verbo del sapere debba prendere strade incontrollate. Io stesso ho detto, basandomi su basi scientifiche e sulle ricerche di costoro, che la Sardegna, l’isola con la più alta concentrazione di monumenti archeologici del mondo, con le prime statue a tutto tondo del Mediterraneao occidentale, mostra una cosa ampiamente dimostrata, ormai, e comprovata: il suo ruolo di laboratorio culturale nel mezzo degli influssi atlantici, quelli del megalitismo europeo, e quelli orientali, ciprioti, egei, micenei. E che la civiltà che ne è derivata ha influenzato altri ambiti mediterranei come la civiltà etrusca, ma non solo. Una banalità, se vogliamo. Certo, poi ci sono alcuni outsiders che esagerano, che la sparano grossa, e fanno gioco facile a chi strumentalmente ne fa di tutte le erbe un fascio. Però nessuno si sogna di dire che la civiltà Egizia non è esistita perché ci fanno il film fantasy sulle mummie. Per la Sardegna invece si fa esattamente così. Forse perché i reperti egizi sono sparpagliati nei maggiori musei europei, e tutto sommato, a loro, un po’ di mitopoiesi e di fantasy fa comodo. Eppure, anche in questo caso, l’ironia è arrivata dagli stessi sardi. Guai a dire che la Sardegna antica possa riscrivere la storia del Mediterraneo, è bregungia. E’ mitopoiesi. E molte volte, la parola magica, mitopoiesi, giunge non solo dagli ambienti accademici, ma anche da quelli più propriamente sardisti e indipendentisti. Come a dire, due facce dello stesso “dipendentismo”, per usare il termine di cui parla in un lucido articolo Marco Pitzalis. Continuiamo a vergognarci, dunque, continuiamo a non distinguere il mito dalla storia, continuiamo a gettare nel cestino della mitopoiesi fatti storici realmente accaduti, continuiamo ad accettare una storia nuragica “ufficiale” palesemente incongruente. E poi lamentiamoci che due milioni di euro sono pochi.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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