Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. E lo fanno toccando i nervi scoperti dell’indipendentismo, della difesa della terra, al grido “prima noi sardi e poi gli altri” e, da quando Salvini è sbarcato in terra sarda si aggiunge l’urlo Roma ladrona e piove governo ladro che qualche like in più sui social non guasta. Ed infatti l’ultima campagna mediatica si è giocata solo sul web visto che La Nuova Sardegna ha relegato un trafiletto, sabato 13 febbraio, a pagina quattro e l’Unione Sarda non ne ha proprio parlato. Quindi il problema sembra grave ma non serio, come diceva il buon Flajano: qualcuno si è venduto il mare, il nostro mare ai francesi. Messa così c’è da sobbalzare sulla sedia: ma come? Ma, soprattutto: chi, come quando e perché? Mica si vende un ettaro di acqua così, senza avvisare. E poi acqua sarda. Scherziamo? No, perché nei giorni scorsi un peschereccio sardo, lasciato il porto di Alghero ha raggiunto le tradizionali aree di pesca al Nord dell’isola e si è sentito intimare l’alt dalle autorità francesi. Quelle acque erano diventate le loro a seguito di un accordo internazionale siglato dal Ministro degli esteri Fabius e quello italiano Gentiloni. Questo accordo, secondo il deputato Mauro Pili, ha ceduto “porzioni infinite di mare alla Francia, guarda caso quelle aree notoriamente più pescose e battute dalle imbarcazioni delle flotta sarda”. (il virgolettato è del quotidiano La Nuova Sardegna del 13 febbraio 2016). Apriti cielo o, meglio, apriti mare. Porzioni infinite. Il deputato annuncia clamorose iniziative in quanto, sempre secondo Pili “l’operazione maldestra e gravissima è stata compiuta in gran segreto e nessuna comunicazione è stata fatta ai soggetti interessati”. Il web insorge, si grida giustamente al complotto, c’è qualcuno che comincia a scrivere a caratteri cubitali: “Il nostro mare non si tocca, governo ingrato, la Sardegna ai sardi, svegliamoci”. Come il Veneto ai veneti e la Lombardia ai lombardi, che non è proprio la filosofia del trattato di Schengen, giusto per citare gli accordi in Europa. Fin da piccolo ho imparato due cose: la prima è quella di non credere a cose che non conosco ed, eventualmente, ho imparato a verificarle, la seconda è legata ai politici e al loro modo annunciatorio che non porta mai ad una reale presa di posizione: ci si indigna sempre con gran facilità per poi, magari, lasciare cadere tutto nel vuoto. Siamo, in fondo, il paese delle gride manzoniane che quasi quotidianamente vengono lanciate in tutti i luoghi e in tutti i laghi. Sul diritto internazionale sono davvero quasi all’oscuro di tutto. Materia molto complessa e costruita su una serie di compromessi politici che meritano uno studio approfondito, così come dicono molti studiosi del settore. Trovo, per esempio, molto difficile districarmi sulle norme dei penitenziari europei e dire che sono cose che conosco molto bene. Tenete presente che si continua, ancora oggi, a fare della bassa demagogia sulla vicenda dei Marò dove, in realtà, ci sono tomi di cavilli internazionali da spulciare e leggere. Ho provato quindi a capire cosa realmente sia successo e se, davvero, qualcuno, a nostra insaputa si sia venduto il mare italiano alla Francia (perché di questo si tratterebbe). L’accordo, siglato a Caen il 21 marzo del 2015 è stato fatto scattare nei giorni scorsi unilateralmente dalla Francia perché è stato già formalizzato il passaggio parlamentare. Il trattato ha l’obbligo della ratifica dei parlamenti e quello italiano non si è ancora espresso. Si scopre, però, che di questo problema il Governo si era già occupato a seguito di due interrogazioni parlamentari: la prima della senatrice Albano del Partito Democratico e l’altra di alcuni senatori del movimento 5 stelle. Il sottosegretario Della Vedova risponde all’interrogazione n. 3-02526 e nella risposta evidenziava che: “la Farnesina si è immediatamente attivata a seguito del sequestro del peschereccio “Mina”, sia attraverso le competenti Rappresentanze all’estero sia a livello centrale.” Non appena ha ottenuto la conferma da parte del Comando Generale delle capitanerie di porto e della Marina militare, il Ministro Gentiloni ha disposto che fosse sollevata formalmente nei confronti della Francia la questione della giurisdizione marittima sul punto di fermo e sequestro, ottenendo tra l’altro per le vie ufficiali dalle Autorità francesi l’ammissione di un “deprecabile errore” di competenza territoriale e ottenendo le loro scuse formali. (la notizia, come altre precisazioni, si trovano sul sito bufale.net.) la risposta è del 9 febbraio 2016. Nessun accordo segreto anche perché, in ogni caso, dovrebbe essere ratificato – come tutte le leggi europee – anche dal parlamento italiano. Ma cosa prevede questo strano accordo? Nasce tutto da un lungo negoziato avviato nel 2006 e terminato nel 2012 (il governo Renzi, a quanto pare c’entra molto poco) e risponde alla necessità di stabilire i confini certi “alla crescente proiezione di entrambi i Paesi sulle porzioni di mare ad essi prospicienti e alla luce delle sopravvenute norme della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.” L’accordo andrebbe a colmare un significativo vuoto giuridico, avendo portata generale e riguardando “i mari territoriali, la piattaforma continentale e le acque sotto la giurisdizione delle Parti.” Una portata generale legata al mare francese e quello italiano. Al momento pare siano in corso approfondimenti da parte delle Amministrazioni competenti, al termine dei quali sarà effettuata una valutazione globale sull’accordo del 2015, anche ai fini dell’eventuale avvio della procedura di ratifica parlamentare. L’accordo sembra pertanto necessario per stabilire confini certi ed è necessario per colmare un “vuoto giuridico”. Nessun furto, nessuna vendita, nessun complotto. Nessuno scippo di acque sarde. Niente di tutto questo. Si parte da una notizia e si raccontano altre cose. Di questa storia, come tante altre, rimarrà un piccolo ricordo e fra qualche anno ci si dimenticherà di tutto e di chi, utilizzando le corde del populismo, l’aveva cominciata. D’altronde ci sono parlamentari che votano delle leggi dove si prevede che i mafiosi finiscano nelle isole e poi si difendono affermando che loro quando parlavano di isole non pensavano alla Sardegna. Un po’ hanno ragione. In effetti in Europa hanno riconosciuto l’insularità alla Sardegna solo da qualche settimana. Tutto ritorna e tutti pronti al prossimo attacco alle nostre tradizioni, alla nostra lingua, al nostro mare, alle province che, quando ci interrogano, alla fine non sappiamo neppure definire. E pensare che c’era anche chi prevedeva dieci province in Sardegna. E non era francese.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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