Il circo è una raccolta di colori tristi. Forti, pesanti, intensi. vividi. Ma tristi. La prima volta che andai a vedere uno spettacolo al circo avevo undici anni. Ero in prima media. Eravamo tutti eccitati e terribilmente nervosi. Era il circo Togni che per Natale sbarcava ad Alghero. C’erano i cavalli, le scimmie, i pagliacci, la musica scintillante, gli acrobati, i trapezisti. Tutto era così chiaro, pulito, tutto era pieno di luci. Il problema è che quando quelle luci si spegnevano, quando lo spettacolo terminava e il pubblico defluiva verso l’uscita, il circo diventava un telone enormemente vuoto. Per me il circo sono le musiche di Nino Rota che accompagnano il film di Federico Fellini “i clowns”, quella struggente malinconia che getta il cuore oltre l’azzurro della tenda.
Moira Orfei, invece, l’ho amata moltissimo. Per colpa di “Straziami, ma di baci saziami” un film di Dino Risi, con Nino Manfredi e una stupenda Pamela Tiffin. Lei, la Moira era Adelaide, la padrona di casa che voleva “impalmare” Marino (Nino Manfredi). Non riuscendovi, si vendicherà facendo intendere che la Marisa (Pamela Tiffin) durante una gita parrocchiale non si fosse comportata proprio come una santarellina. Moira Orfei rappresentava la carnalità emiliana, nonostante lei fosse nata a Codroipo, in provincia di Udine ed era di origini sinti, ovvero un’etnia rumena come i Rom e i Kalè, ma che originariamente proveniva dalle antiche Indie. Era solare, con una voce sempre sopra le righe, con il suo trucco pesante ed esagerato, con il rossetto troppo brillante, con un neo troppo grande, con i capelli raccolti come un grande turbante. Nerissimi. Era la donna che incarnava l’idea magica felliniana dell’essere femmina. Era esuberante, aveva un grande sorriso. Parlava sempre schietta, senza troppi fronzoli. E’ stata ambasciatrice di uno spettacolo triste che ha tentato di ridisegnare più volte: Il circo di Moira Orfei, quello sul ghiaccio, a Mosca. Il suo entrare sulla scena in maniera prorompente, come cavallerizza soprattutto, con le mani in alto ed i guanti bianchi. Con tutto il trucco immenso. E’ andata via all’età di 83 anni, aveva combattuto contro un ictus nel 2006 e da grande donna di spettacolo era riuscita a ritornare sul cerchio magico del circo. Poi, è volata in quel cielo nero nero. E tutti, chiudemmo gli occhi, nell’attimo esatto in cui sparì e probabilmente giurammo che non eravamo mai stati lì. Ecco, Moira ha rappresentato per me l’infanzia e la magia della donna cannone di Francesco De Gregori, le musiche di Nino Rota e i clowns di Fellini. Ma è stata anche Adelaide di “straziami, ma di baci saziami”. Ero appena adolescente ma avevo capito che lei, la Moira con la sua gioia, la sua spregiudicatezza rappresentava la voluttà. Ora, la Moira, è rimasta senza rete e cammina da ottima trapezista verso quel cielo nero nero. Alzate gli occhi: lei è quel puntino colorato, con un piccolo neo. Se buttate il naso al cielo vedrete, lontanissimo i colori del circo e i colori di Moira, immersi nella malinconia degli addii.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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