La mia maestra era emiliana di nascita, di cuore e di spirito. La mia classe era composta di almeno 40 alunni e pendevamo tutti dalle sue labbra. Era in gamba la mia maestra, satura di valori e figlia della Resistenza.
Ci raccontava spesso dei tedeschi, di come i crucchi avessero fatto irruzione a casa sua, portato via i genitori, e ucciso i fratelli. Mi è rimasta nell’animo la sua storia, come un marchio a fuoco. E la ricordo ancora come fiamma viva, così come ricordo il mio odio verso quei crucchi, covato a lungo grazie a lei, o per colpa sua. Non ho ancora capito.
Però ho capito cosa ha attraversato l’Italia. Cosa ha visto l’Italia. In parte grazie ai suoi ricordi, in parte ai miei, che sto per passare i 50, e qualcosa l’ho vista, anche se non l’ho capita tutta.
Ho visto i fascisti grazie ai ricordi suoi, di mio padre e di quelli che albergavano nelle viscere di tanti anziani che il mio lavoro mi ha consentito di conoscere. Ho visto il Duce e insieme al Duce ho visto il sempiterno carattere servile di un gran pezzo di Italia alla continua ricerca del Capo, alla continua ricerca dello sguardo compiaciuto del Capo di fronte alla schiena prona, e con essa al cuore prono, allo spirito sparito, dissolto, sciolto di fronte alla breve abbagliante luce di un secondo di successo. Quello dei servi. Ma tant’è…
Però ho visto dal vivo la Democrazia Cristiana e i suoi dolci orrori. Ho visto la Chiesa e i suoi angeli terrestri in mutande cagate abbracciarsi al potente di turno. Ho visto gli Oppi e la sua potenza di fronte alla miseria del povero di risorse materiali e, soprattutto, di quelle immateriali. Niente può l’ignoranza di fronte al potere. E gli Oppi, tutti gli Oppi del mondo, la verità, questa verità la conoscono a fondo.
Ho visto i socialisti che muoiono e risorgono ladri. Ho visto Craxi incarnato in mille Bettino locali, che nel mio paese avevano il nome del Fuoco. E il sole che sorge trasformassi in fiore rosso, in garofano puzzolente, che puzza di merda fresca, la peggiore. E anche qui erano tanti i coltivatori di garofani, infiniti agricoltori dell’ultima ora alla serra dello sport più antico, la servitù.
Ho visto le stragi di stato, con la esse minuscola, che quella maiuscola non la meriterà mai. E ho visto le stragi del cosiddetto popolo (con la pì minuscola) in reazione alla stragi del cosiddetto stato con la esse minuscola.
Ho visto le bierre e sulle bierre ci ho fatto anche la mia tesi di laurea. Ho visto le bierre uccidere e insieme alle bierre anche Prima Linea. E ricordo l’applauso dei miei compagni di classe e le urla di giubilo quando entrò l’insegnante in classe, col viso zuppo di lacrime, ad urlare “hanno rapito Moro”. Quasi tutti avevano il padre disoccupato in seguito alla chiusura delle miniere ed erano incazzati, di quell’incazzo che deriva dal non poter mangiare ogni giorno. Brutto quell’incazzo… Feci quella tesi solo in seguito a quell’emozione, lo so.
Ho visto i Tg annunciare le gambizzazioni e le uccisioni come se fosse il Meteo: “Sereno variabile al Sud, due morti nelle regioni centrali e una sparatoria al Centro; Moro ucciso”.
Ho goduto sentendo il tintinnio delle monete sulla macchina del futuro latitante a Hammamet e lo sgomento nel vedere quanto è larga e profonda l’eterna fogna scoperta dal Pool di Mani Pulite.
Ho pianto insieme al mio amico Saverio che da Palermo mi chiamò un’ora dopo l’uccisione di Falcone con le lacrime acidule che sapevano di sconfitta dell’animo, sconfitta perenne. Ho dato un pugno al muro alla sua seconda telefonata, quella che mi raccontava dell’uccisione di Borsellino. E insieme, prima e dopo, ho pianto per la morte di chi, servendo lo stato con la esse minuscola, sapeva di poter perdere la Vita con la vu maiuscola per persone che nello Stato con la esse maiuscola ci credevano davvero. A tipo Tommaso Campanella, però…
Ho visto Berlusconi scendere in campo e succhiare el cervello a mezza Italia che cercava un altro LUI e sperava in un altro LUI. Ho visto di peggio però.. Ho visto il parlamento votare mentendo e mentendo spudoratamente dichiarare che davvero Ruby era nipote di famoso statista. Ho visto servi diventare polvere e polvere diventare fango, e merda diventare quello che il Dizionario non ha ancora raccolto per spiegare l’inarrivabile inchino dell’animo umano al Padrone di turno.
Ho visto tante altre cose che sono troppo pesanti per essere raccontate in un post su feisbuc. E poi ho visto Renzi, e non mi spavento. Non mi spaventa Renzi, ma tutta la merda che siamo ancora in grado di digerire. Perché la memoria in questo paese con la pì minuscola è solo un optional. Perché gli italiani hanno uno stomaco incredibile, gli italiani. Non hanno lo stomaco ma l’Enichem al posto dello stomaco.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
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Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
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