Ieri, tarda serata, accanto al portone del mio palazzo. Passa un clochard di quelli molesti. Lo conosco. Frequenta da anni il supermercato vicino. Non so se sia sassarese. Ogni tanto lo sento dire qualche parolaccia in questa lingua, ma può darsi che l’abbia soltanto assorbita in una mensa o al dormitorio. Gli immigrati neri lo evitano perché hanno paura di essere coinvolti nelle sue intemperanze da ubriaco. Hanno imparato che il razzismo, quello banale, quello della pelle bianca e della pelle nera, divide anche gli indifesi, quelli che stanno alle porte di un supermercato cercando di guadagnarsi la giornata. I neri lavorano: vendono qualcosa, aiutano a portare le pesanti confezioni di acqua in cambio di pochi soldi. Il clochard rompe i coglioni ai passanti. Ma è bianco. E’ più tollerato. Ieri dunque lo incrocio mentre è in compagnia di una giovane donna. Lei gli sta accanto ma un po’ indietro, ha un atteggiamento che non mi piace, mi sembra sottomissione. Lui, proseguendo un discorso, le urla: “Ti stai pisciando? Falla qui!”. Le indica la porta chiusa di un garage. “Abbassati i pantaloni e falla qui, appoggiati alla porta”. Lei si blocca e mi blocco anche io: “Signora, guardi che se lo fa io chiamo la polizia municipale”. Lui si gira verso di me infuriato: “Fatti i cazzi tuoi”. A quel punto è passato l’angelo del male che si è impossessato di me e mi sono trovato a provare e dire cose lontane un mondo dal mio comportamento, dai miei pensieri e, devo aggiungere, anche dalla mia prestanza fisica: “E prima che arrivi la polizia se non la lasci stare ti alzo pure a calci in culo”. Capito? Io mi sono trovato a minacciare un clochard, un poveretto che magari non sapeva neppure quello che stava dicendo. Con il rischio pure che se mi metteva alla prova magari i calci in culo li prendevo io. Per fortuna lei è fuggita via e lui l’ha seguita senza neppure guardarmi. Faccio questa confessione pubblica per sgravarmi dal rimorso. Ho incontrato due deboli e ho difeso quella che mi è sembrata la più debole, con un senso di astio e di rabbia nei confronti di quello che sembrava il più forte. Non era vero. Erano entrambi due poveracci e se proprio volevo evitare che lei si umiliasse facendo i suoi bisogni in pubblico lo avrei dovuto fare usando rispetto per entrambi. Io, finita questa scena, sono tornato a casa, l’ho raccontato a mia moglie, ho mangiato dei buonissimi broccoli saltati in padella, mi sono guardato un bel film di Virzì, ho delicatamente ripulito dalla muffa una rara edizione di un libretto di Enrico Costa leggiucchiandone qualche pagina e poi sono andato in un letto caldo. Lui, lei, non so. Indubbiamente hanno avuto un fine giornata meno sereno del mio. Scusatemi. Tutti e due.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.020 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design