Io so soltanto che diciotto giorni fa un ragazzo di 19 anni è stato assassinato alla fermata dell’autobus, in un paese del centro della Sardegna. So anche che, diciotto giorni dopo, ancora non si conoscono i nomi (o il nome) dei responsabili del delitto. Secondo le ricostruzioni giornalistiche, pare che il movente dell’omicidio risalga a cinque mesi fa: ad una festa, le compagnie di ragazzi di due diversi paesi si affrontano e nel parapiglia salta fuori anche qualche arma, poi i ragazzi in trasferta vengono messi in fuga. Da queste ricostruzioni risulta che l’alcool non sia affatto estraneo al surriscaldarsi degli animi. Un paese è Orune, l’altro è Nule: distano trentatré chilometri. Riepiloghiamo gli elementi del contesto: minorenni, festa, sbronza, armi da fuoco, vendetta. Sono solo ipotesi, ma almeno quattro di questi cinque elementi sono provati. Manca il collegamento certo con l’omicidio, ma l’omicidio c’è stato: un’esecuzione in pieno giorno. Il politico Bruno Murgia, qualche giorno fa, ha tratteggiato una descrizione di quel che accade in queste zone della Sardegna, dopo molte feste di paese, aggiungendo che il tasso alcolico rende i bar infrequentabili. È stato molto criticato e si è dovuto scusare, qualcuno ha detto che ha strumentalizzato questa faccenda per sfoderare la tolleranza zero della cultura di destra da cui proviene. Murgia è di Nuoro, non arriva da Marte: parla per sentito dire o conosce ciò che racconta?
Io non so chi abbia ragione. Non so se abbiano ragione quelli che vedono pregiudizio e razzismo in ogni analisi sul malessere di certe zone della Sardegna o se, invece, abbia ragione chi, come Bruno Murgia, punta l’indice contro omertà, permissivismi e pessime abitudini. Ricordiamoci sempre un ragazzo di 19 anni è stato assassinato a colpi d’arma da fuoco alla fermata di un autobus, in pieno giorno, in paese. A volte mi pare che il desiderio di assolvere tutto e tutti prevalga sull’orrore di un omicidio così brutale, a volte mi pare che a noi sardi prema più di ogni altra cosa metterci sulla difensiva. Quando Saviano disse che il traffico di droga passava anche dagli ovili si scatenò il finimondo: razzista, ingrato, ignorante. Poi andammo a vedere certe interviste di ufficiali dei carabinieri e magistrati e scoprimmo che erano fatti notori. Mica tutti i pastori sono trafficanti, ma certamente gli ovili sono considerati luoghi appetibili e sicuri da molti corrieri. Si deve evitare di dirlo per non colpevolizzare un’intera categoria? No, perché non si sta colpevolizzando alcuna categoria. Preferite chi vi parla schiettamente o chi sul palco della festa si inventa di aver fatto il militare al paese per captare la vostra benevolenza? Possiamo anche osservare che i ragazzi si ubriacano e si ammazzano anche da altre parti, nel mondo, e dunque il problema non esiste. Sarebbe giusto nei confronti di Gianluca Monni? Ci siamo mai chiesti, tanto tempo dopo, perché a Lula per tredici anni non si riuscì ad eleggere un Consiglio comunale? O sarà razzista chiederselo? Ho sempre lottato contro ogni intolleranza religiosa e contro l’islamofobia propagandata dai fenomeni alla Salvini, ma ciò non mi impedisce di dire che esiste in una minoranza Islamica un problema nel rapporto col mondo. Mi hanno insegnato che per risolvere problemi ed integrare bisogna parlarne, non tacere.
Minorenni, festa, sbronza, armi da fuoco, vendetta. Un ragazzo di 19 anni, studente modello, assassinato. Si potrà dire che abbiamo un problema?
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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