A Milena Gababelli, che ieri ha condotto la sua ultima puntata di Report dopo vent’anni, credo debba dire grazie chiunque abbia a cuore la ricerca della verità. In una televisione di qualità sempre più scadente, con palinsesti zeppi di spazzatura spacciata per giornalismo e giornalisti che saltano dalla politica militante alla telecamera con disinvoltura disarmante, gli inviati della Gabanelli ci hanno confermato che il piccolo schermo può garantire un eccellente servizio pubblico e offrire informazione cristallina, senza condizionamenti. Basta avere schiena dritta, passione e una adeguata dose di coraggio. Questi vent’anni di Report sono stati giornalismo investigativo senza sconti, combattimento in prima linea su un fronte attraversato, anziché dai colpi d’artiglieria, da querele e cause civili, dalle lettere intimidatorie di certi altisonanti studi legali che hanno fatto rabbrividire chiunque abbia lavorato in una redazione. La Gabanelli, alla fine di ogni puntata, ce ne ha dato conto, raccontandoci gli sviluppi delle vicende giudiziarie che riguardavano il suo programma: anche questa, per insignificante che possa sembrare, è una lezione di giornalismo, trasparenza e correttezza. Io credo che dai vent’anni del Report di Milena Gabanelli emerga anche un altro dato. La Rai ed il servizio pubblico possono avere ancora un ruolo fondamentale nell’informazione di questo Paese. Report ha ficcato il naso in tutte le più importanti aziende pubbliche e private d’Italia, negli affari più loschi e nelle ambiguità dei partiti politici e dei loro più potenti manovratori. Con qualche inevitabile scivolone, ma senza paura e con indiscutibile onestà. Io un giornalismo d’inchiesta come quello di Report non l’ho mai visto praticare, nelle televisioni commerciali nazionali. Forse perché chi vive di consigli dalla regia ben difficilmente può permettersi di attaccare gli inserzionisti. Ecco perché il servizio pubblico televisivo, nonostante gli insulti che gli piovono addosso, merita di essere difeso: senza servizio pubblico, questi vent’anni di Report ce li saremmo persi.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Da Mattarella a Zelensky passando per Sanremo.
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
Un rider non si guarda in faccia (di Cosimo Filigheddu)
Ciao a Franco dei “ricchi e poveri”. (di Giampaolo Cassitta)
La musica che gira intorno all’Ucraina. (di Giampaolo Cassitta)
22 aprile 1945: nasce Demetrio Stratos: la voce dell’anima. (di Giampaolo Cassitta)
Ha vinto la musica (di Giampaolo Cassitta)
Sanremo non esiste (di Francesco Giorgioni)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.023 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design