Dopo lunghe e faticose ricerche, finalmente gli studiosi sono giunti alla conclusione che, in realtà, l’ammattadore, il folletto dei sette berretti, non è mai esistito. Esso infatti è il frutto di una credenza popolare ingenerata, tra le altre cose, da quel romanzo di fantarcheologia rappresentato da Canne al Vento di Grazia Deledda. Dopo la confutazione dell’esistenza dei giganti, che gli studiosi hanno voluto differenziare dall’appellativo popolaresco e volgare dato alle statue antropomorfi molto grandi di Mont’e Prama, ecco che gli studi, finalmente, giungono a questa nuova conquista. Ecco il brano incriminato, sempre tratto da Canne al Vento: “Efix sentiva il rumore che le panas facevano nel lavare i panni giù al fiume, battendoli con uno stinco di morto, e credeva di intravedere l’ammattadore, folletto con sette berretti entro i quali conservava un tesoro, balzar di qua e di là sotto il bosco di mandorli, inseguito dai vampiri con la coda di acciaio” E’ chiaro che l’autrice nuorese voleva cavalcare le credenze popolari, esattamente come farà, in tempi recenti, Sergio Frau con la teoria atlantidea. Chiaro che il suo scopo era quello di speculare sul mercato editoriale, e di fare soldi sulle spalle della credulità popolare, senza nessun riscontro scientifico di quanto diceva. Una forma di mitopoiesi, una costruzione dell’identità artefatta, un rifugiarsi nel passato per lenire i fallimenti di un’epoca, quella dei primi decenni del ‘900, molto dura per la Sardegna. Tuttavia alla Deledda si deve l’ammissione della derivazione fenicia di molti di questi mostri mitologici, come si desume da questo brano, sempre tratto dallo stesso romanzo fantarcheologico: “… mentre i giganti s’affacciavano fra le rocce dei monti battuti dalla luna, tenendo per la briglia gli enormi cavalli verdi che essi soltanto sanno montare, spiando se laggiù, tra le distese d’euforbia malefica si nascondeva qualche drago o se il leggendario serpente cananèa, vivente fin dai tempi di Cristo, strisciava sulle sabbie intorno alla palude”. Infatti questi mostri mitologici delle credenze popolari, non esistono ma, qualora esistessero, sarebbero di origine fenicia. Si noterà come anche in questo caso la scrittrice fantarcheologa abbia un ruolo determinante sulla credenza dei giganti. La scienza combatterà con tutte le forze le credenze popolari ingenerate dai fantarcheologi, una missione che non lesinerà energie e risorse pubbliche, per debellare questa piaga che ridicolizza la Sardegna. Pertanto, per iniziare, propongo una raccolta di firme contro “Canne al Vento” di Grazia Deledda, romanzo da considerare il precursore della fantarcheologia degli anni a venire. Un richiamo alle armi per tutti gli studiosi e gli intellettuali sardi contro un romanzo che ha istigato la popolazione a credere nei folletti, negli spiriti, nei vampiri, nelle panas, nei giganti, nei draghi, per non parlare delle fate delle domus de janas. Tutta roba che non è comprovata dalla scienza.
PS: a scanso di webeti, si tratta di uno scherzo. Le pagine di Canne al Vento a cui si fa riferimento sono tra le più belle, secondo chi scrive, della letteratura del ‘900. Non è uno scherzo, invece, la pagina del sito istituzionale che riproduciamo qua sotto (NdR).
tratto da:
eroi o giganti?
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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