Gramsci morì un 27 aprile. Me ne stavo dimenticando e me lo ha ricordato questo post di Guido Melis: “… il pensatore più acuto del marxismo europeo nel ventesimo secolo. Un grande intellettuale italiano tradotto oggi nelle lingue di tutto il mondo. Era sardo, e dalla poverissima Sardegna della sua infanzia aveva intrapreso la sua strada. Un salto di due generazioni almeno, per unire le sue radici alla modernità rivoluzionaria”.
Nei giorni scorsi lavoravo e riflettevo sugli anni Sessanta, da un lato sull’impatto della grande industria chimica e dall’altro sull’inizio dell’occupazione delle coste da parte del cemento. Mi chiedevo dove tanti anni prima avessi letto qualcosa di Gramsci o su di lui intorno alla quale intravvedevo un’aura premonitoria. Poi l’ho trovata. E’ una nota a piè di pagina di “Togliatti a Sassari” di Giovanni Maria Cherchi.
Cita il noto articolo di Togliatti “Gramsci sardo” pubblicato sul Ponte nel 1951.
Togliatti ricorda l’immagine di cui Gramsci si serviva negli anni torinesi quando voleva spiegare le condizioni della Sardegna: “Ecco una distesa di prati e di campi, un tempo fecondi, ora improvvisamente isteriliti. Di chi la colpa? Del contadino che non lavora, che non sa lavorare, che è arretrato, che è indolente e pigro, perché a questo lo portano tradizione, costume e clima? Tutti pretesti inventati per mascherare la verità. Cercate lontano e troverete che la fertilità di una volta veniva da una polla d’acqua che filtrava attraverso il terreno e che un ricco signore ha tagliato e deviato, per costruire una sua villa, alimentare le sue fontane, i suoi giochi d’acqua. Per comprendere qualcosa delle condizioni della Sardegna era necessario respingere tutte le spiegazioni fornite dalla pubblicistica e sociologia volgari, cercare lontano di scoprire relazioni nascoste, tra fatti in apparenza distaccati profondamente diversi”.
Nello stesso articolo Togliatti racconta: “Gramsci mi incaricò di ricercare le statistiche della delinquenza e tracciammo una curva per i diversi reati: contro la persona, contro la proprietà, di brigantaggio, di abigeato, ecc. Poi stabilimmo le date principali dell’affermarsi in Sardegna del capitalismo ‘continentale’, dell’assoggettamento dell’isola alle necessità e alle leggi di questo capitalismo, alle sue tariffe doganali, al suo particolare modo di utilizzare le risorse naturali e umane. Il risultato fu impressionante. Proprio quei reati che l’opinione corrente considerava manifestazioni di una fatale arretratezza del costume, erano in pauroso aumento con lo sviluppo dello sfruttamento capitalistico della Sardegna. Responsabile era dunque la forma economica più avanzata! Responsabile era il modo come era organizzata, non a profitto della Sardegna ma di altri, l’economia sarda nel quadro nazionale”.
Figuratevi se tento di fare l’esegesi di Gramsci! E di un Gramsci raccontato (mi sembra peraltro molto bene) da Togliatti.
Figuratevi se mi metto a dissertare in pubblico sui significati di quella polla d’acqua deviata dal ricco signore come se fosse un’allegoria dantesca.
Però tra me e me l’ho fatto.
Se qualcuno vuole imitarmi non ne avrà danni.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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