Correva l’anno 1919. Si spegnevano gli ultimi echi della prima, grande catastrofe bellica mondiale, con il suo orrore di ossa frantumate e carni dilaniate, con le sue trincee cariche di fango, escrementi, polvere da sparo, cicche di sigarette, bottiglie di cognac, filo spinato, sacchi di sabbia crivellati. Nella sua tragicità, la guerra aveva conferito alla classi sociali povere un sentimento di coesione e di forza. Ci si inoltrava nel tragico ventesimo secolo con i primi movimenti operai di una certa consistenza. Le masse popolari cominciavano ad organizzarsi, e a fare paura. Il fascismo si profilava all’orizzonte, come reazione dei ceti abbienti a quella paura. In uno di quei giornali operai rivoluzionari, tumefatti di inchiostro nero e odoroso, l’articolo di un giovane intellettuale socialista veniva tagliato con un inciso della redazione. “Sette righe e mezzo censurate”. Perché la censura è intervenuta contro di noi? Si domandava il giovane giornalista. Perché? Un corvo nero volteggiava alto, in un cielo carico di nuvole e ombre scure. Perché la censura ha commesso questo abuso di potere contro di noi? “Le cose scritte non sono contemplate e punite dal codice italiano. Non abbiamo commesso nessun reato. Non abbiamo rivelato nulla che fosse attinente a questioni di natura diplomatica o militare.”. Il giovane scosse il capo incassato tra le fragili spalle. “Sette righe e mezzo censurate”. Perché? Di che si parlava in quelle righe censurate? Il giovane si aggiustò gli occhiali. Si parla di fatti che appartengono alla storia politica ed economica italiana. Cose ordinarie. Ma allora, perché quella maledetta censura, cosa voleva nascondere quella voragine silenziosa e oscura, da non potere essere rivelata al mondo? “La censura non ha permesso che si accennasse ai rapporti politici ed economici che intercorrono tra la Sardegna e la classe dirigente italiana e specialmente tra la Sardegna e quella classe dirigente italiana che abita a Torino (borghesia industriale e nobiltà).” chiarì il giovane intellettuale. La mente corse fuori dalla finestra, attraversò il mare, verso il paese, verso casa sua. Pensò all’anima di suo padre, tanto sfortunato e ingiustamente incarcerato, e a sua madre, che tanti sacrifici aveva fatto per farlo studiare. Forse doveva lasciare perdere la politica, e dedicarsi con più concretezza allo studio. Ma il mondo correva, correva veloce, ed era giunto il momento per dare voce al popolo. Popolo oppresso, che non aveva voce, che non poteva esprimersi liberamente. Forse poteva fare qualcosa per quella sua isola così vicina, così lontana. “Chi ha censurato l’articolo? Una censura locale, del Nord Italia, di Torino, oppure è giunta da Roma?” Il corvo, l’uccello del malaugurio, intanto, si abbassava, scendeva da quel cielo pesante, grave, carico di piombo. “Perché deve essere proibito all’Avanti! ricordare che a Torino hanno la sede i consigli di amministrazione delle Ferrovie sarde e di qualche società mineraria sarda? Perché deve essere proibito ricordare che gli azionisti delle Ferrovie sarde, i quali si dividono lautissimi dividendi, i quali riscuotono dallo Stato lautissime indennità per ogni chilometro di strada ferrata, fanno viaggiare i contadini e i pastori sardi in vetture bestiame, fanno viaggiare i contadini e i pastori sardi in convogli trainati da locomotive riscaldate a legna invece che a carbon fossile, provocando ogni anno centinaia di migliaia di lire di danni con gli incendi determinati da questo combustibile? Perché non si può ricordare che i minatori sardi sono pagati con salari di fame, mentre gli azionisti torinesi impinguano i loro portafogli coi dividendi cristallizzati col sangue dei minatori sardi, che spesso si riducono a mangiare le radici per non morire di fame? Perché deve essere proibito ricordare che due terzi degli abitanti della Sardegna (specialmente le donne e i bambini) vanno scalzi d’inverno e d’estate, tra le spine e i letti di torrente che tengono posto di strade, perché il prezzo delle pelli è portato ad altezze proibitive dai dazi protettori che arricchiscono gli industriali torinesi del cuoio, uno dei quali è presidente della Camera di Torino? Perché è proibito ricordare ciò che ha detto, nell’ultimo congresso sardo tenuto a Roma, un generale sardo: che cioè, nel cinquantennio 1860-1910, lo Stato italiano, nel quale hanno sempre predominato la borghesia e la nobiltà piemontese, ha prelevato dai contadini e dai pastori sardi 500 milioni di lire che ha regalato alla classe dirigente italiana non sarda? Perché è proibito ricordare che nello Stato italiano, la Sardegna dei contadini, dei pastori, e degli artigiani è trattata peggio della colonia eritrea, in quanto lo Stato “spende” per l’Eritrea, mentre sfrutta la Sardegna, prelevandovi un tributo imperiale?” Perché la censura? Antonio Gramsci, a causa di una infermità dalla nascita, soffriva di terribili mal di testa. Osservò quell’uccellaccio posato, ormai, sul tetto di fronte alla sua soffitta. Gli sembrò impersonare il suo terribile male. La testa gli parve di scoppiare. Per 20 anni dobbiamo impedire a quel cervello di funzionare, gracchiò, infine, il corvo nero.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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