Il primo cartone animato della mia vita fu Goldrake. Aveva qualcosa in più, non so dire cosa, rispetto agli altri robot disegnati dai creativi giapponesi e finiti sui nostri schermi negli anni settanta. “Va’, distruggi il male va’…” Quel gigante d’acciaio mi entusiasmava, ossessionando le mie fantasie. Esisteva qualcosa di più grande, di infinitamente più grande delle nostre piccole vite e degli angusti spazi in cui si svolgeva l’ordinaria quotidianità. Là, in cielo, si combattevano battaglie cruente per la giustizia cosmica e il bene vinceva sempre.
Nel 1978 non tutti gli oggetti venivano tradotti in giocattolo e non c’era Amazon per ordinarli a casa. Allora io strappavo un foglio di quaderno, prendevo un paio di forbici da sarta di mia mamma e iniziavo a scolpire la carta, dopo averci disegnato le sagome sopra. Due grandi cerchi incollati l’uno sull’altro, ma solo per le estremità laterali, erano il disco volante dentro cui infilavo il mio Goldrake con le sue corna sulla testa, le sue alabarde spaziali e i suoi dischi rotanti.
Ogni giorno ne fabbricavo uno, isolandomi dal mondo e lasciando sparsi gli scarti della lavorazione, minuscoli fili di carta che nel piccolo appartamento in cui allora vivevamo mia mamma individuava subito, segnalando il ritrovamento con strilli sonori. Li disegnavo io e mi sentivo socio di quel grande eroe dell’ordine intergalattico, rinnovandone la liturgia nel piccolo della casa di via Magenta. Giorni fa ho scoperto che ora i Goldrake, di tutte le dimensioni, li producono in plastica e altri materiali che non so, tutti snodati e capaci di ogni movimento.
Con qualche decina di euro un ragazzino di oggi può giocare col suo Goldrake senza sprecare fogli e la fantasia che ci voleva per modellarne uno di carta. Ma un ragazzino di oggi non lo sa nemmeno chi sia stato quel Goldrake che combatteva contro il malvagio Vega nell’alto dei cieli, pilotato da Actarus e da quello sfigato del fratello Alcor. Oggi è tutto molto più facile, ma è molto più difficile pensare di poter sognare con un foglio di carta e un paio di forbici tra le mani.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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