La rubrica “Italians” di Beppe Severgnini ha ospitato, nei giorni scorsi, una curiosa lettera di uno studente della Bocconi che, nel leggere il menù della mensa, ha trovato tra i piatti del giorno i rarissimi gnocchetti ai campi danesi. Chieste spiegazioni alla cassiera, il bocconiano si è sentito rispondere che sì, trattasi di piatto tipico della Danimarca, al pari dello smørrebrød, della grønkålsuppe, delle Æbleskiver cotte tassativamente nella padella æbleskivepande (senza la quale, notoriamente, la Æbleskiver non può essere preparata), della ålesuppe e della prelibata grønkålsuppe. In realtà, questi rinomati gnocchetti devono il loro successo alla facilità di pronuncia, apprezzata dagli stessi danesi.
L’episodio mi ha riportato alla mente una memorabile cena in un ristorante di Berlino scelto casualmente da un gruppetto di colleghi in trasferta, tra cui il sottoscritto. Il ristorante in questione presentava un menù in solo tedesco e i camerieri (tutti) non parlavano alcuna lingua diversa dal tedesco. I problemi cominciarono già dal “buonasera”. Un rapido sondaggio consentì di stabilire che l’unica parola tedesca conosciuta era “wurstel”. Ma, siccome avevamo mire più elevate (tutt’intorno danzavano piatti con monumentali stinchi al forno e montagne di bistecche dall’aria interessante) decidemmo di farci tradurre il lungo elenco di cibi criptati inducendo la cameriera a mimare l’animale di riferimento. Dalla mucca (muuu) al pollo (ali che si muovono e cococo), al maiale (grunf) con pause eloquenti in presenza, presumibilmente, di vegetali o zuppe.
“Sono allergico al prezzemolo”. La frase gelò il tavolo. E come cazzo si dice prezzemolo in tedesco se non sappiamo nemmeno chiedere il conto? C’era il rischio concreto che uno di noi finisse all’ospedale in preda ad atroci sofferenze. Fu così che cominciò una lunga e serrata discussione con la cameriera, culminata in un penoso tentativo di raffigurare, su un tovagliolo di carta, la pianta del prezzemolo. Ormai esasperati, a qualcuno scappò una battuta in sardo, evidente segno di resa. E accadde il miracolo. Alla parola “petrosimolu”, infatti, gli occhi della donna si illuminarono. “Petersilie!”. Come quando fai un cross da centrocampo e la palla, chissà come, si infila nel “sette”. Come trovare per caso un piatto di gnocchetti con sugo di salsiccia mentre, affamato e allo stesso tempo afflitto dal pensiero dell’ennesimo smørrebrød, attraversi senza entusiasmo un verdissimo campo danese.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.012 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design