– Vieni, ti faccio vedere la casa – – Noti niente di particolare? – – No – – Osserva, il letto matrimoniale e il lettino in camera di mio figlio sono a ridosso delle pareti, fuori dalla traiettoria delle finestre. Dimmi: tu al mio posto lo faresti il sindaco in questo paese? Perché se il rischio è solo mio posso anche fare l’eroe, ma se in gioco c’è l’incolumità della mia famiglia, allora fanculo alla Stato e a quelli che sono venuti per la prima volta da Cagliari a dirmi di resistere, ma le finestre contro cui hanno sparato sono le mie. –
Sono trascorsi più di trent’anni da quella volta che pranzai a casa di quell’amico sindaco di un piccolo paese “del malessere”. Accadeva prima di allora, è continuato a succedere dopo, senza che niente sia cambiato: stesse pallottole e stessa politica. Pallottole che sfondano finestre, attraversano la stanza e si conficcano sulle pareti tra libri e quadri appesi, sbrecciano l’intonaco e la vita dentro la casa del sindaco di Desulo.
Dopo il terzo giorno il fatto esce dalla cronaca, sdegno e solidarietà diradano la presenza, si esauriscono le frettolose visite istituzionali prima che faccia buio, e poi entra di diritto nel polveroso faldone della statistica degli attentati ai sindaci. Amministratori di trincee sociali sempre più povere, sempre più spopolate, sempre più disperate, dove il numero dei funerali è superiore a quello dei battesimi. Luoghi dell’abbandono in cui il futuro è inimmaginabile, bloccato in un presente svuotato di risorse e ad abbandonarlo ti abituano fin da piccolo che la vita è altrove perché ti chiudono anche le scuole, ti tolgono l’identità, così ti entra meglio nella testa l’epitaffio scritto su cartelli stradali crivellati.
Paesi dove occorrerebbero massicci apporti culturali, servizi e risorse finanziarie affinché l’esercizio del diritto di cittadinanza di abitanti superstiti, sia rapportato al senso delle istituzioni capaci di trasmettere il valore del bene collettivo al di sopra degli egoismi personali. Diritti di cittadinanza distribuiti in analoga forma e misura: a Roma, a Cagliari o nei paesi dell’interno. Paesi in cui l’unico sussulto è, invece, quello della quotidiana, rassegnata, solitudine di chi amministra senza strumenti, con la figura dello Stato rappresentato dalle caserme. Saranno le stesse giaculatorie, verranno chieste allo Stato severe e urgenti misure, esattamente come vennero avanzate a gennaio dello scorso anno, dopo l’attentato dinamitardo al sindaco di Bultei: assumere al più presto sia iniziative di medio periodo che adeguate misure legate all’emergenza di questi giorni, furono allora le durissime parole di Pigliaru rivolte al ministro Alfano.
Verranno ribadite ora dallo stesso presidente al medesimo ministro, chiedendo che lo Stato faccia la sua parte, senza sapere con esattezza, né gli uni, né gli altri, in cosa consista questa parte, il quale ministro, presumibilmente ancora animato dallo stesso ardimento mostrato contro la stepchild adoption, sicuramente con l’intento di terrorizzare i malavitosi, ha già annunciato l’istituzione di un Osservatorio. Un provvedimento fondamentale, a pensarci bene, capace di trasmettere la rassicurante presenza dello Stato. Un Osservatorio messo dallo Stato per osservare quello che i sardi sanno già perché lo osservano da sempre: l’assenza dello Stato.
(di Giovannimaria Mimmia Fresu)
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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