E tandu dizi che ce ne hanno portato i resti del re. Per me le ossa di morto non è che vogliano dire granché. Quando penso a babbo e a mamma o al mio amico di una vita morto pochi mesi fa, beh, ci penso con la stessa malinconia se mi succede al tavolino di un bar o davanti alle loro tombe. Quindi, figurati tu quanto me ne frega che portano in Italia i resti di Vittorio Emanuele III. Ma se insieme ai resti ne portano anche gli avanzi, ecco, allora la cosa mi rompe i coglioni. E per avanzi intendo dire tutto ciò che c’è di spirito nostro, spirito italiano, in quel simbolo della nostra rovina. Ora che in quest’Italia sempre più incolta, superficiale, poco propensa a interessarsi a un discorso che abbia un minimo di complessità, va molto di moda il gioco della torre, io proprio non lo so chi sceglierei tra Mussolini e Vittorio Emanuele. Cioè, non voglio mettermi fare l’interprete della storia, che se me lo chiedi a bruciapelo non so neppure in che anno è morto Garibaldi, però mi ricordo una conferenza di due anni fa in cui Emilio Gentile parlò di controfattualità a proposito del ritorno di Lenin in Russia poco prima della Rivoluzione. E se la polizia l’avesse arrestato al confine? E se qualcuno l’avesse ammazzato sul tram con un colpo di rivoltella? E se… Cioè, i bolscevichi avrebbero ugualmente preso il potere oppure lo avrebbe mantenuto Kerenskij? Al termine lo avvicinai e gli chiesi soltanto -E se il re avesse firmato lo stato d’assedio ci sarebbe stata ugualmente la Marcia su Roma? Pensavo che mi liquidasse con un sorriso e una battuta. Invece praticamente riprese la conferenza, parlò per un’ora a dire che no, la Marcia su Roma non ci sarebbe stata e forse neppure il Fascismo nei suoi connotati storici di regime. In quel contesto la cosa era interessante sul piano storicistico, per l’oggettivo sdoganamento della difficile e affascinante disciplina della controfattualità, dell’instead of giudicato scorretto dai soloni della storia che non si fa con i se. Ma ora mi interessa come ennesima conferma dell’operato di questo re. Non ho stima della dinastia in generale, a cominciare dai Savoia piemontesi sino ai Savoia italiani passando per il cosiddetto padre della patria che i piccioni usano nella nostra piazza d’Italia. Ma quello che meno raccomanderei come portinaio di un condominio del quale affidargli le chiavi è Vittorio Emanuele III. Ha voluto il Fascismo, lo ha legittimato nel poco bene e nell’immenso male del Ventennio, ha controfirmato le leggi razziali, ci ha portato in guerra (per la seconda volta) e infine ha tradito il suo uomo invitandolo a casa e facendogli trovare i carabinieri. Con l’unica preoccupazione, mentre comunicava a Mussolini che gli toglieva l’incarico di capo del Governo, che la porta dello studio restasse aperta e qualcuno potesse subito soccorrerlo ossia che all’ormai ex duce scappasse di mettergli le mani addosso. E poi, dopo avere tradito Mussolini, ha tradito la patria, fuggendo e lasciandola nelle mani di fascisti ancora più imbestialiti e dei tedeschi invasori. Ecco, ora c’è un’Italia che tutto ciò ha rimosso, che parla di parce sepulto, di roba del secolo scorso che non ci appartiene più, ce l’hanno contro quei vecchi coglioni col fazzoletto rosso al collo che chiacchierano ancora di fascismo, di Resistenza, di sinistra e di destra e di tutte queste stupidaggini malinconiche. Sì, e intanto grufolano tra gli aspetti peggiori, ancora vivi e vegeti, di quel secolo che, secondo loro, noi vecchi coglioni rievochiamo. Non entro nel merito del ridicolo anacronismo di un sistema come quello monarchico, che nelle nazioni civili dove ancora esiste ha l’esclusivo valore simbolico di un grande passato rappresentato da donne e uomini e dinastie, pur nei loro difetti, carichi di dignità. Quando Londra veniva bombardata dai nazisti e sembrava che il disastro fosse alle porte, il re si rifiutò di lasciare il palazzo per mettersi in salvo, restò lì con tutta la sua famiglia a dire al suo popolo che bisognava resistere. Da noi il re si è messo in macchina e ha mandato tutti affanculo. Insomma, se vogliono seppellirne le ossa nella mia terra non me ne fotte niente. Non temo le ossa. Mi fanno ridere quelli che vogliono buttare giù i pochi monumenti fascisti residui, che secondo me hanno un grande valore storico e architettonico, ma in piazza contro i fascisti dalla testa rapata che rialzano la cresta non ci scendono volentieri. Perché non va più di moda fare la politica in piazza. E anche perché, magari, c’è qualcuno che come quel re spera di usarli i nuovi fascisti. Purtroppo in Italia c’è un proliferare di quello che è rimasto in termini di cultura e di comportamenti politici della monarchia guardiana della dinastia più che della patria. Sono gli avanzi di un certo, antico spirito sabaudo insiti nel nostro spirito. Ed ecco perché penso: vengano pure i resti del re, se qualcuno ci tiene, ma i suoi avanzi è meglio tenerli in esilio.
La vignetta in alto è tratta da un numero del 1924 del periodico satirico “Il becco giallo”
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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