Vi è mai capitato di distrarvi alla guida per il trillo del telefonino, di saltare un semaforo rosso senza una spiegazione, di avventurarvi in una manovra azzardata che in un primo momento non vi sembrava rischiosa? È capitato a tutti, anche a chi non vuole ammetterlo, perché passiamo una gran parte della nostra vita seduti dentro un’auto e, stando al volante, stati d’animo, debolezze ed emozioni ci attraversano, appannano i nostri riflessi e ci tolgono attenzione. Vi sarà anche capitato, un momento dopo, di sentire il cuore che vi schizzava in gola, di realizzare in un solo istante la grossa cazzata che avevate appena commesso, maledicendo voi stessi per averla commessa e ringraziando il destino per non aver mandato all’ospedale nessuno. Sarà senz’altro capitato di distrarsi alla guida anche a chi ha stabilito che Fabio Di Lello debba essere un eroe, che gesto da vero uomo sia stato uccidere a colpi di pistola quel ragazzo di 22 anni che, sei mesi fa, incrociò ad un semaforo la sua vita con quella di Roberta Smargiassi. Italo D’Elisa bruciò il rosso, com’è capitato a tutti almeno una volta nella vita, e per Roberta non ci fu scampo. Fabio non si è mai dato pace e poche ore fa ha atteso Italo all’uscita di un bar, uccidendolo. Una storia da film – per una incredibile coincidenza, Sky ha trasmesso nei giorni scorsi almeno due film la cui trama coincide perfettamente con i fatti di Vasto – però tragicamente vera. Meglio tacere su quel che è accaduto, sulla distrazione ad un semaforo e sul dolore accecante di un uomo cui hanno tolto l’amore. C’è, piuttosto, molto da dire su quelli che di Fabio hanno fatto un eroe, su quelli che la giustizia bisogna farsela da soli, su quelli che la vendetta è da uomini, su quelli che una morte ed un dolore si possono cancellare con un’altra morte e infliggendo ad altri lo stesso dolore. Questa è la vera negazione della civiltà, non la morte causata da una distrazione. Io di questa gente ho paura. Vi diranno che è gente senza ormai più fiducia nella giustizia dei tribunali, che è colpa dello Stato, della politica, eccetera eccetera. Vi diranno che quando non si ha più fiducia nell’ordine costituito, è giusto far da soli. Almeno fino a quando il momento del cretino arriverà anche per loro, ad un incrocio, nel momento che il destino ha deciso debba essere quello sbagliato.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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