Vale la pena fermarsi un attimo sulle cose dette da Salvini a proposito di Giulio Regeni. Il Ministro dell’Interno ha dichiarato che comprende bene il dolore della famiglia e il suo bisogno di giustizia, e che si cercheranno i colpevoli MA… le relazioni con l’Egitto son molto importanti. Da un certo punto di vista ha detto una banalità, sotto altri aspetti ha detto una bestialità. Ognuno di noi sa che la politica, non sempre con ragione, solitamente privilegia l’interesse collettivo rispetto a quello individuale. Il mantra secondo cui “lo Stato non tratta con i terroristi” portò alla morte di Aldo Moro, e anche se ognuno di noi avrebbe fatto scelte diverse, anche se abbiamo sempre avuto il sospetto che quella fu una scusa, le istituzioni democratiche decisero così e Aldo Moro venne trucidato. Nel caso di Regeni funziona allo stesso modo. Sappiamo bene che le relazioni tra Stati riguardano interessi economici enormi, questioni di equilibrio interno e internazionale, tensioni militari e sicurezza dei cittadini. Le parole di Salvini sono le stesse che avrebbe potuto dire il Governo precedente, che su Regeni si è sempre mosso con cautela al limite della timidezza, o con prudenza al limite del menefreghismo. Parole che però Alfano non ha mai detto con quel tono. Sappiamo bene che Al Sisi non vuole e non può fare quello che chiediamo: individuare i colpevoli dell’omicidio di Giulio significa autoaccusarsi o per lo meno mostrare al mondo su quale intreccio di corruzione e violenza si reggono le istituzioni egiziane. Sembra un film già visto: le continue violenze a danno di giornalisti, avvocati, attivisti dei diritti umani tengono in piedi un governo di cui l’Europa (con l’Italia) ha bisogno, un governo alla Gheddafi che tiene in pugno la situazione evitando che le richieste di libertà si trasformino in un’ascesa dell’islamismo radicale; così almeno ci viene raccontato. Ma allora, se la situazione è questa, dov’è che finisce la banalità delle parole di Salvini e inizia la loro bestialità? Nel fatto stesso di averle pronunciate. Salvini, in modo anche cinico, butta benzina sul fuoco ogni volta che ne ha occasione, assestando continui colpi all’istanza di democrazia e giustizia che ancora sopravvive in una certa parte dell’elettorato italiano, la stessa che non l’ha votato e non lo voterebbe mai. Allo stesso modo, nel momento in cui egli affronta il tema –anche legittimo- della necessità di maggiore cooperazione in Europa per gestire l’esodo degli Africani, approfitta per provocare gli avversari interni (tra cui chi scrive e, presumo, buona parte di chi legge), stuzzicando al contempo la pancia dei razzisti di casa nostra con formule tipo “è finita la pacchia”, “non sono in crociera” ecc. E per tornare a Giulio Regeni, dire che “non possiamo compromettere i rapporti con l’Egitto”, oltre a rappresentare una banalità è anche un’ottima occasione per assestare un colpo sulla testa di chi, oltre a giustizia per Regeni, chiede anche giustizia per Stefano Cucchi, diritti civili per le coppie omosessuali e umanità per chi attraversa il mare e chiede asilo. Un’umanità che in Francia è morta da tempo, con buona pace degli europeisti più convinti e che Salvini –al di là della ragion di Stato a cui si sottometteva anche Alfano- vorrebbe vedere morta anche in Italia.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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