Ho visto il video di Repubblica con il poliziotto che tenta di impedire al giornalista di riprendere il figlio di Salvini sulla moto d’acqua della polizia. Ho pensato a tutte le volte che polizia, carabinieri, pompieri o barracelli hanno tentato di allontanarmi da un fatto di cronaca. Succede. I colleghi lo sanno. Alle volte urbanamente, altre volte meno. In qualche caso anche mettendoti le mani addosso. Ma la sensazione è sempre stata che loro facessero la loro parte e io la mia. Loro tentavano di proteggere la segretezza di un fatto quanto più a lungo possibile e io tentavo di violarla quanto prima possibile. A loro veniva meglio lavorare senza alcun controllo e io li controllavo. “È la stampa, bellezza”. Loro lo sapevano e in fondo gli andava bene, la democrazia: a loro e ai loro superiori. Non me l’ho mai presa contro nessuno. La prima e ultima volta che da praticante dissi al mio capocronista che raggiungere il luogo del delitto mi era costato minacce e spintoni, mi chiese se per caso volevo che mi ci accompagnasse la fanfara dei carabinieri in automobile di lusso. Insomma, non ho mai perso la fiducia nelle forze nell’ordine e non ho mai avuto dubbi sulla dignità del loro comportamento. Ma questo video di Repubblica mi ha fatto incazzare da semplice spettatore. Figurarsi se fossi stato al posto di quel collega. Forse sarei passato dalla parte del torto.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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