Dice che un giallo deve avere una struttura narrativa per la quale il delitto appaia come un’eccezione, una distorsione dell’ordine sociale riportato alla normalità con il disvelamento del colpevole. Il noir, invece, che il colpevole si scopra o meno, ha come protagonista proprio quel disordine sociale dove il delitto non è un’eccezione ma la regola. Mi sono chiesto, leggendo “La morte di Sokkaina” di Francesco Giorgioni (sottotitolo “Amore e vendetta tra Sardegna e Parigi”), a quale delle categorie appartenesse. E mi sono accorto che non me ne fregava niente. Il fatto è che, pur avendo il ritmo davvero coinvolgente di una vicenda “poliziesca” perfettamente e minuziosamente costruita, tanto che pure essendo lunghetto è un libro che leggi in un battibaleno perché non riesci a staccare, ciò che infine seguivo affascinato erano i percorsi, quello fisico e quello interiore, del protagonista: da professore a clochard volontario e da clochard a professore.Cioè, se tu scrivi e riesci a fare capire in poche parole come una vecchia Alfa diventi la tua casa e per questo la ami, significa che sei un bravo romanziere. Il libro per ora lo potete trovare solo su Amazon in formato kindle e sappiate che metà del prezzo che pagherete sarà devoluto ad Emergency. Ma non è soprattutto questo che deve farvi premere il tasto virtuale “acquista”, bensì la possibilità di scoprire come uno dei mille emarginati che ogni giorno vedete intorno a voi, magari proprio nel parcheggio del vostro discount, così prossimi fisicamente eppure così lontani dal vostro mondo, emanazioni ectoplasmatiche di una dimensione a voi sconosciuta, gente di un altro pianeta, in realtà sono ciò che voi potreste essere da un momento all’altro.Siamo tutti clochard, sembra dire Giorgioni. E’ sufficiente che la sliding door della tua vita si apra su quell’altra dimensione molto più prossima di quanto immaginiamo. Nella prefazione Giorgioni scrive che “la storia di Sergio che rinuncia e poi ritorna alla vita mi è sembrata gradevole, un inno alla nostra avventura terrena nelle sue forme più imprevedibili”. E’ chiaro che si tratta di riferimento all’incubo claustrofobico che il mondo ora attraversa, con una speranza di risveglio felice e vittorioso. E questo, secondo me, è l’unico difetto del libro, limitato per fortuna alla prefazione: l’avere cioè voluto “storicizzare” una storia che ha invece un valore continuato in ogni epoca. Va bene ora in tempi di cupo pessimismo, ma andrebbe bene anche in tempi di sfrenato ottimismo. Anzi, forse andrebbe meglio.In estrema sintesi è l’avventura di Sergio Cossu, un insegnante (senza ruolo fisso, all’inizio) che rinuncia al suo status, in ogni senso, ferma l’auto nel parcheggio di un supermercato e ne fa la sua casa. Il set è Arzachena, la vera patria di Giorgioni, per chi conosce il paese è chiaro, anche se l’autore non lo nomina mai, riferendosi soltanto alla vicinanza del mare e alla sua anima urbana ormai pervicacemente turistica. In questa seconda vita, si imbatte nel corpo di una giovanetta di famiglia di immigrati. E da qui si sviluppa la vicenda che, come specifica il sottotitolo, si dipana anche all’estero, ingrovigliandosi, con sapiente fascino di romanzo storico, in note vicende che dai giornali sono passate ai libri. Sergio, rischiando pure di lasciarci la pelle, ritrova in questa avventura un gusto di vivere, anzi, di rivivere e ci accompagna a un finale totalmente positivo, nel quale ottiene anche di amare ed essere amato, senza rinunciare neppure a quell’automobile, ricordo del vecchio nido sicuro, che sembrava dovere abbandonare. Diventa un protagonista (non ne dico il perché, per non spoilerare), ed è così costretto a farsella con i giornalisti. E Giorgioni è pure giornalista. Già, oltre che scrittore, l’autore di questo libro, essendo entrambi, ha professionale competenze con due categorie presenti nel libro: professori e giornalisti. Mi sa che ha più rispetto dei primi, perché racconta a un certo punto uno di quegli assalti con microfoni agitati sotto il naso dell’intervistato a rischio di darti un colpo a faccia, con un sottotraccia piuttosto irridente: <<“Perché ha accettato di tornare a scuola?”, domandò porgendogli un microfono un signore col marchio Rai stampato sulla camicia. “Perché no?”, tagliò corto Sergio>>. In altre parole, è l’ex barbone che manda affanculo l’aspetto mediatico, il lato Facebook (anche se qui è la Rai), della sua scelta esistenziale: che deve restare personale, intima, per dare spazio alla serenità e alla tenerezza che rivuole. E se volete approfondire questo aspetto del rapporto di Giorgioni con una delle sue professioni, cioè il giornalismo, andate a leggervi “Cosa conta”, un suo romanzo del 2014 dove troverete un quadro, penso ineguagliato nella narrativa sarda, del rapporto tra informazione e speculazione edilizia.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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