Luigi di Maio che su Twitter lancia la sfida al duello televisivo a Matteo Renzi e quattro giorni dopo si rimangia la sua stessa proposta, cancellando l’incontro, suggerisce una serie di riflessioni sulla natura di questo movimento politico che, sotto una patina di innovazione, rivela e ripropone tutti i vizi, le incoerenze e le approssimazioni della vecchia politica che i grillini vorrebbero – non a torto – seppellire. Da una persona che si candida a governare l’Italia ci si attende che rispetti la parola, anche se si tratta di cose di poco conto: Luigi Di Maio è il leader di un partito politico che, in questo momento, rappresenta probabilmente la maggioranza dell’elettorato italiano. Ha l’obbligo di rispettare gli impegni, più di altri. Non guardo mai i talk show televisivi, dove l’abilità da imbonitore prevale sulla reale competenza e capacità, spesso soccombenti nel confronto con la battuta ad effetto o la provocazione teatrale. Ma se due persone si accordano per confrontarsi in uno studio televisivo, non è che poi uno dei due si sottrae alla sfida perché non gli va più. Specie se per stabilire sede e modalità dell’incontro si erano scomodati consigli d’amministrazione e dirigenze di televisioni pubbliche e private, protagonisti di un negoziato protrattosi per giorni. Di Maio spiega il suo ripensamento con il possibile siluramento di Renzi dalla leadership del Pd, appreso da indiscrezioni di stampa. Siccome certa stampa dice che Renzi potrebbe non essere il candidato premier, io non mi abbasso a discutere con lui. Chissà, magari sarà davvero così. Certo è vero che il Pd è un partito in forte crisi e l’astro di Renzi, anche con l’ultima débâcle siciliana, sembra ormai al tramonto. Però è curioso notare come la stessa stampa prezzolata, serva, organica al potere, che racconta solo balle, diventa improvvisamente Cassazione quando ipotizza la fine imminente di un avversario politico. Si può cancellare un appuntamento atteso da milioni di persone per le indiscrezioni della stampa? Chiediamoci: perché Di Maio può permettersi di organizzare confronti pubblici e poi di annullarli senza timore di doverne rispondere? Perché sa che i suoi sostenitori non gli chiederanno conto di questo repentino cambio di programma. Perché sa che, qualunque cosa faccia o dica, i suoi sostenitori troveranno modo di giustificarlo, di dargli ragione e di contrattaccare insultando chi chiedesse a Di Maio il rispetto degli impegni. Io so, già da adesso, che sotto questo post arriveranno i commenti di chi mi darà del piddiota e del pennivendolo. Poco importa. Nella storia dinamiche simili le abbiamo già viste.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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