“Senti cara quest’anno dove andiamo a farci un bel giro? Io vorrei visitare un bel monumento archeologico, che dici?” “ “Si caro, guarda, io volevo andare a visitare quelle statue gigantesche, quelle che si trovano in Sardegna, mi pare vicino ad un monte, che non è un monte però che c’è un apostrofo di mezzo… una roba così comunque; pare fossero statue antichissime, però gli studiosi non sono tanto d’accordo, chi dice che sono sarde sarde, chi che venissero da fuori…” “Ma non erano fenice quelle lì? Che di roba fenicia ce n’è tanta, mica il caso di andare fino in Sardegna, con quello che costano i traghetti…” “No no sono d’epoca nuragica.” “Nuragica???” “Si quella civiltà antica, tutta sarda, più antica anche di quella etrusca…” “Esagerata! Ma chi l’ha mai sentita, possibile che a scuola non ci abbiano detto nulla…” “Eh vabbé così ho sentito…” “Comunque sì cara, bellissime, ne ho sentito parlare anche io, mi pare le chiamino i giganti… giganti di un monte che sta lì vicino.” “No no non sono giganti, sono colossi, anzi eroi, qualcosa del genere insomma” “Senti cara, perché non andiamo a visitare i Bronzi di Riace, oppure Pompei, che dici?”
Succede, dunque, che la Regione intenda promuovere i Giganti di Mont’e Prama. E ci investe pure un bel po’ di soldini (Det. Dir.Gen. EELL e Finanze – RAS n. prot. 22996 del 13.06.2016, affidamento per 233.000 euro). Per iniziare, un bel sito internet tutto dedicato ai “Giganti di Mont’e Prama” che, però, non si devono più chiamare “Giganti”, ma “Eroi”. Il termine “Giganti” è da tempo nel mirino dei funzionari della soprintendenza, considerato “scientificamente scorretto”. Ma perché? Perché cambiare il nome ad un monumento archeologico che ha mostrato di essere efficace e di funzionare alla grande a livello di marketing? Come nota un esperto di comunicazione, articolo di Mario Gottardi è evidente che tutto questo procurerebbe un danno notevole di immagine alle statue. Ma perché allora questo suicidio? Mi vengono in mente quei rimboschimenti finanziati negli anni ’80 e ’90, con soldi veri, per la sughericoltura, dove la sughera cresceva spontaneamente tutto attorno meno dove l’avevano piantata. Secondo il disposto combinato dell’art. 117 della Costituzione e l’Art. 2 del Codice dei BBCC la valorizzazione dei beni culturali spetta in concorrenza allo Stato e alle Regioni. In pratica, per regola, la Regione deve riferirsi, anche nella promozione dei beni culturali, allo Stato attraverso la sua emanazione, il Ministero “Mibact”, e gli organi periferici, le soprintendenze. Da tempo in Sardegna si assiste a questa campagna mediatica contro la “fantarcheologia” e la “mitopoiesi”, condotta spesso proprio da codesti enti pubblici. Spesso questa campagna mediatica pare, ai più, come pretestuosa ed esagerata, fino a toccare aspetti che appaiono quasi come surreali. Accadde in tutto il mondo, dunque, che un sito della storia venga conosciuto e considerato nell’accezione popolare, ma solo in Sardegna pare esserci questa fobia mitopoietica, la stessa che ho definito, come “mitofobia”. Come è stato ripetuto in questi giorni,
Eroi di Mont’e Prama? Un errore gigantesco (di Giampaolo Cassitta)
nessuno infatti si sognerebbe mai di fare una campagna di stampa per cambiare il nome al Colosseo, con il più “scientificamente corretto” “Anfiteatro Flavio”, come nessuno al mondo si sognerebbe di correggere chi volgarmente parla di “Esercito di Terracotta”, piuttosto che “Mausoleo del Primo Imperatore Qin”. Così come i Bronzi di Riace sono conosciuti come tali, non certo come “statue antropomorfe”, come da altre parti si vorrebbe definire, scientificamente correttamente, ancora i Giganti. Invece in Sardegna si vuole cambiare il nome ai “Giganti” che, in fine dei conti, deriva dal termine “Kolossoi” con le quali le chiamava Lilliu. Le motivazioni che stanno dietro questa ossessione mitofobica le ho spiegate sotto la lente dello studio della storiografia come sistema culturale sottoposto a condizionamenti, nel libro che ho dedicato al problema storiografico sardo, La Mano Destra della Storia, alla quale rimando per la comprensione del fenomeno e gli approfondimenti. Qui mi preme dire che dietro quell’apparente richiamo che pare una semplice forma di bigottismo burocratico, o di rivendicazione di un ruolo “scientifico” contro le vulgate popolari, vi sono cause storiografiche meno banali di quanto si possa credere. Tuttavia, il vero problema, in questo preciso caso, secondo me, è che si spendono soldi pubblici per promuovere un sito archeologico che, in realtà, non esiste proprio. Ci sono le statue nel piccolo museo di Cabras e nel Museo Archeologico di Cagliari, infatti, ma del sito archeologico, ambito da numerosi turisti, vi è solo la rete che ne impedisce l’ingresso. Questo è il vero dramma. Non mi stancherò di proporre e di dire che in quell’area dovrebbe sorgere un parco archeologico. Ma evidentemente siamo troppo impegnati a cambiare i nomi delle cose, piuttosto che a valorizzarne la sostanza.
“Allora cara, abbiamo deciso? dove andiamo?” “Beh caro, ho fatto una ricerca su Google su questa storia dei giganti, o eroi, non ho capito bene se sono la stessa cosa… comunque queste statue sono in un piccolo museo in un paese della zona, vicino a Oristano.” “Ah si! mi hanno detto che si mangia il pesce e fanno anche un buon vino da quelle parti…” “Eh! tu sempre pensando alla pancia… però il sito praticamente non esiste, è chiuso, non si può vedere il posto dove hanno ritrovato quelle statue, non ne vale la pena, secondo me…” “Eh già… allora… Bronzi di Riace o Pompei?”.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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