Sabato 19 dicembre al Palazzo di città di Sassari alle ore 19 si proclamerà il vincitore della quarta edizione del premio di drammaturgia sarda “Giampiero Cubeddu”. La giuria presieduta da Pino Serpillo è composta dall’attrice Clara Farina, dal giornalista e drammaturgo Cosimo Filigheddu, dal giornalista e critico drammatico Pasquale Porcu, dallo scrittore Gianni Garrucciu e dall’attore Mario Lubino. SardegnaBlogger ospita questo contributo di Mario Lubino, presidente della Compagnia Teatro Sassari.
Il premio istituito dalla Compagnia Teatro Sassari nel 2009, con cadenza biennale è nato per ricordare la straordinaria figura artistica di Giampiero, prematuramente scomparso otto anni fa e che, dispiace dirlo, ha ricevuto dalla sua città molto meno di quanto meritasse. “Il teatro non è per tutti, ma per quelli che lo amano” credo che questa geniale massima di Nicola Chiaromonte riassuma la personalità di Cubeddu. Giampiero riusciva a coniugare il fatto spettacolare, o della messinscena, con lo spessore e la complessità del testo teatrale. Non il regista tiranno, dunque che ha come unico scopo quello di ridurre il fatto teatrale a fatto scenico, obliterando così la tesi che il testo drammatico non è nulla al di fuori della rappresentazione. Per Giampiero, invece, il teatro non poteva prescindere dalla parola. Funzione essenziale della messinscena, sosteneva è quello di evidenziare la parola che sostiene l’azione. La sua grande lezione consta proprio nell’aver capito che non solo nel teatro tradizionale vige questa regola, ma anche quello moderno esige una messinscena in cui la parola è l’elemento più importante. Insegnava ai suoi attori come interpretare nel tono giusto e col ritmo giusto il senso delle parole, perché sosteneva che nel teatro di prosa , sia tradizionale, sia moderno la parola è insostituibile. Del resto il teatro è l’arte del ragionamento. Per lui la figura del regista non era quella del demiurgo, del sovrano assoluto; piuttosto era quella dell’intermediario fra il drammaturgo e l’attore, il tecnico capace di coordinare e armonizzare le esigenze del testo con quelle della scena. Egli sosteneva che il teatro moderno non ammette il grande attore, il mattatore del teatro ottocentesco e della prima metà del 900. Perché uno spettacolo riesce se tutti gli attori, non solo i protagonisti sono all’altezza, altrimenti è l’azione teatrale nel suo insieme che fallisce. La grande lezione che ci ha lasciato è quella che gli uomini dell’arte devono considerarsi strumenti dell’arte stessa. L’artista altro non è che uno strumento, una funzione essenziale dell’arte teatrale. Questo perché il teatro non si fa da soli. Il suo insegnamento inoltre è stato quello di metterci in guardia dagli stereotipi, dalle imitazioni , perché il teatro deve comunicare, nella sua finzione, allo spettatore la credibilità dei personaggi e della vicenda che si rappresenta. La Compagnia Teatro Sassari di cui Giampiero è stato per oltre trenta anni direttore artistico ha istituito questo premio, non solo per ricordarne la figura, ma perché sentiamo la responsabilità, il dovere morale ed etico di seguire la linea culturale da lui tracciata e di proseguire secondo i suoi insegnamenti.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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