Palau, 14 agosto, h 23.25. Sto cercando di mettermi in colonna per imbarcare, macchina e tutto, sul traghetto. Nel frattempo scorre sul porto la fila di quelli che dal traghetto sono appena scesi. Macchine, persone, visi, ciabatte, voci. Mi fermo e li lascio passare. E me li guardo. Ormai sono arrivato. Non c’è il pericolo che resti a terra. Mi piace molto guardare la gente che scende dai traghetti. Uno dei significati del mare è questo continuo vai e vieni di vite umane. A un certo punto mi passa davanti un gruppo di signori. Gente del nord. Eleganti, sorridenti, benestanti. Si capisce dal cane, da come sono vestiti, dalla luce serena che emanano. Gente che si sa godere una vacanza e forse la vita intera. Sono in tre. Una coppia e un signore sulla sessantina. Mi sfilano davanti e, appena passano, faccio per partire quando sulla destra, davanti al muso della macchina, mi si presenta una signora. È la quarta del gruppo. Lo capisco dagli sguardi che si scambia con gli altri tre che nel frattempo si sono fermati e la aspettano. È una bella signora, anche lei elegante, abbronzata, sorridente. Sembra gentile e indecisa. Non sa se attraversare. Mi viene da mostrarmi gentile a mia volta. È una cosa che mi appartiene per indole e a volte, molte volte, per scelta. Essere gentili, con tutti, tutte le volte che si può. Premo il piede sul freno e le faccio cenno con la mano, invitandola a passare. Lei risponde al mio sorriso e attraversa il mio campo visivo, da destra a sinistra. “Da ragazza deve essere stata uno schianto”, penso. In quel momento, quando già è fuori dalla mia traiettoria, una raffica di vento breve e secca le scompiglia le mani con tutto quello che reggono: un borsellino, delle chiavi, dei fogli, il guinzaglio del cane. Due pezzi di carta le sfuggono e cadono per terra, di fronte al muso della mia macchina. Lei si accorge solo di uno dei due, il più pesante, cadutole quasi sui piedi. L’altro, più svolazzante, ha fatto un pezzo di strada a ritroso ed è andato a cadere sulla destra della mia macchina. Non lo vedo ma so che è lì, esattamente dove un attimo prima la signora aspettava che con un cenno le dicessi di andare. Allora mi sporgo dal finestrino e le dico, sempre gentilmente: “Signora, le è caduto qualcosa, deve essere là” e le indico il punto dove cercare. Lei mi sorride e nel frattempo viene raggiunta dal marito; mi sorride anche lui. Mi ringraziano, vanno verso il pezzo di carta che immagino incollato all’asfalto. Lo guardano, poi mi guardano, mi sorridono e mi dicono: “Ah no, è solo uno scontrino”. E lo lasciano là. E se ne vanno. Ma porca puttana, ma quando mai? Ma raccattate quel cazzo di scontrino da terra e buttatelo in qualche cestino. Ma a casa vostra vi comportate così? Vorrei dire questo, eppure me ne sto lì, a sorridere come un coglione, e non riesco a dire nulla. Lo avessero buttato apposta, le cose sarebbero andate diversamente. Avrei suonato, avrei chiesto loro, sempre gentilmente, di raccoglierlo, loro avrebbero risposto qualcosa e sarebbe successo quello che doveva succedere. Invece no, mi hanno fregato. Le nostre gentilezze (la loro ma anche la mia gentilezza) mi hanno fregato; il loro essere così simili a me mi ha disarmato di fronte a quel gesto incivile, tanto che al momento di agire non ho saputo più cosa fosse giusto. Mi si erano imbrogliati i codici. Essere simili a volte fa di questi scherzi. Si dà per scontato di condividere cose che in realtà dividono. Succede con chi lascia per terra uno scontrino, con chi si mostra spietato verso i migranti, con chi giustifica la corruzione; succede. Non è un buon motivo per smettere di essere gentili, però lascia interdetti come un gavettone. Ma almeno serva a ricordarci che gli stronzi sono tra noi, che possono annidarsi dappertutto, che ne siamo invasi e che spesso somigliamo loro in modo spaventoso.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
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Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
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