Poi l’ho visto quel braccio reciso, di ferro e silenzio. L’ho visto e pareva di carta, si sfaldava come polvere al vento. L’ho visto e mi son detto: da quelle parti ci sono passato, perché chi passa da Genova, come noi sardi, ci cammina per forza per andare e spostarsi dal mare alle Alpi. Quella città che pare un presepe, appollaiata sui monti, con il mare a guardare. Quell’immensa città che ha tornanti veloci per poter lavorare. Genova è la sintesi del nostro dover vivere: tra il mare e le curve, tra i raccordi e i viadotti, tra la disperazione e l’amore. L’ho visto quel braccio reciso, guardare la terra e cadere. Come un bambino cadere, come un vecchio cadere. Come chi non ha più la forza di continuare. Perché questo siamo diventati: polvere che schianta e che si divide, pulviscoli di odio che non riescono neppure a piangere insieme gli stessi morti. Che son di tutti. L’ho visto quel braccio ferito, fermo, inutile, come può essere inutile una strada spezzata. Le conosco le strade che finiscono: le nostre, quelle sarde, che si fermano tutte davanti al mare, ma a Genova non ci poteva fermare, a Genova le curve raccontavano la città e la vita; gli svincoli facevano parte del suo pullulare. Genova è la città di mare che si raccorda alla terra, che alla terra si aggrappa e con la terra si curva, come in un abbraccio. L’ho visto quel braccio ferito a guardare quel porto dove noi ci siamo passati milioni e milioni di volte. E non ci sono parole e non ci sono ricordi e non ci sono neppure le lacrime o la rabbia a contemplare quel braccio. Lasciate che la ferita sanguini in silenzio. E se piangete, fatelo piano. Perché Genova per noi è il punto di arrivo e di partenza, da dove è necessario ripartire.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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