C’è una storia che mi ha incredibilmente appassionato, in queste ultime ore, anche se è passata sostanzialmente inosservata alla grande ribalta mediatica.Parlo della morte di Antonio Pallante, di cui solo i più maturi tra i miei lettori potranno avere conoscenza diretta. Mentre per tutti gli altri, me compreso, è un nome piuttosto importante letto tante volte in articoli di giornale e manuali di Storia contemporanea.Non è tanto la morte del personaggio ad essere interessante – quella prima o poi capita a tutti – quanto il fatto che se ne sia venuti a conoscenza sei mesi dopo.Ma partiamo dal principio.Era il 1948, esattamente il 14 luglio, data che evoca rivoluzioni.Alla fine della mattinata il segretario del Partito comunista Palmiro Togliatti sta uscendo da Montecitorio. Accanto a lui c’è Nilde Iotti, futura presidente del Senato, con cui ha iniziato una relazione che in quel momento è ancora clandestina.Dalla parte opposta della strada nella quale la coppia sta camminando, un giovane uomo ne segue gli spostamenti. Quando Togliatti e la Iotti arrivano alla sua altezza, il giovane estrae una pistola e spara quattro colpi contro Il Migliore: tre vanno a segno, uno si conficca sulla facciata del palazzo alle sue spalle.L’attentatore viene subito arrestato. Si chiama Antonio Pallante, ha 24 anni ed è uno studente, arrivato apposta dalla Sicilia per uccidere il capo del più importante Partito comunista d’Europa. Quella mattina stessa è stato a Montecitorio, chiedendo inutilmente un appuntamento a Togliatti.Dicono abbia simpatie neofasciste e lui stesso, durante il processo, confermerà di aver agito per eliminare dalla scena politica un avversario considerato pericoloso per lo Stato.Togliatti, ricoverato all’ospedale con un polmone perforato da uno dei proiettili, sopravviverà senza aver mai perso conoscenza e. anzi, dettando la linea politica del partito in quelle ore convulse.Qui si arriva alla parte della storia che avrete sicuramente letto molte volte, probabilmente econdo interpretazioni diverse.In quei giorni, infatti, si rischiò una nuova guerra civile, a tre anni dalla fine del massacro del secondo conflitto. Perché si seppe che a far entrare a Montecitorio era stato un deputato democristiano, particolare che diede la certezza ai comunisti dell’agguato commissionato dal partito che contendeva loro il potere e li aveva battuti alle elezioni di tre mesi prima.Si ebbero scontri di piazza e sette morti nei disordini, ma fu lo stesso Togliatti a raccomandare ai vertici del partito e alla base – sue parole testuali – di “non fare sciocchezze”, diffidandoli dal tentare insurrezioni armate.Esiste poi una più romanzata interpretazione, secondo cui la rivoluzione venne evitata perché nel giorno della manifestazione generale giunse in Italia la notizia della vittoria di Gino Bartali al Giro di Francia.Il ciclismo era allora uno sport popolarissimo e, secondo alcuni storici, fu questo successo sportivo a trasformare la dimostrazione di piazza in un momento di collettiva esaltazione.Le cose non andarono esattamente così, perché a placare gli animi furono proprio le reciproche rassicurazioni che Togliatti e il leader democristiano De Gasperi si scambiarono.Pallante ha sempre sostenuto di aver agito da solo. Venne processato e condannato a soli cinque anni, una pena inspiegabilmente mite per la somma di reati commessi. Ma forse si era ancora nel clima di quell’amnistia proposta e ottenuta proprio da Togliatti.Una volta uscito dal carcere, Pallante si scoprì comunista e si tesserò per il partito. Venne intervistato diverse volte e il giudizio su di lui non fu mai unanime: per qualcuno era un fanatico, per altri fu l’esecutore di un’azione dai mandanti occulti.Comunque sia, un personaggio di una certa rilevanza storica.Nei giorni scorsi si è saputo della sua morte. Le agenzie di stampa, nel mandare in rete i primi lanci, ne hanno parlato come di un decesso avvenuto nelle ore precedenti.Invece Antonio Pallante era morto a luglio e solo per caso, pochi giorni fa, un cronista parlamentare che intendeva intervistarlo per i cento anni – li avrebbe compiuti fra pochi mesi – ha saputo della sua scomparsa, comunicatagli da uno dei figli del mancato killer di Togliatti.La famiglia non aveva tenuto nascosto alcunché ma, incredibilmente, la sua dipartita era scivolata via, sfuggendo alle fitte reti dell’informazione dei nostri giorni.Antonio Pallante, l’uomo dei misteri, è uscito di scena aggiungendo un altro mistero ai tanti dubbi rimasti irrisolti su quel giorno di luglio del 1948.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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