Quando sono particolarmente incazzato ascolto “Storia di un impiegato” e non solo una canzone ma tutto il concept album, grande capolavoro di Fabrizio De André. Lo faccio perché conosco tutte le canzoni a memoria e lo faccio perché è assolutamente liberatorio urlare certe frasi contenute in diverse canzoni. C’è una canzone per qualsiasi rabbia o delusione: dall’amore alla lotta. Se litigo con qualche amico mi viene in mente “quando in anticipo sul tuo stupore” e quando leggo cose terribili non posso non cantare “non mi aspettavo un vostro errore, uomini e donne di tribunale” dove per tribunale ci passano tutti quelli che sbagliano perché non sanno ascoltare o perché non sanno aspettare dentro questo eterno ballo mascherato della celebrità. Provate a leggere tutti quegli articoli, post, commenti, che inneggiano a Salvini e alla chiusura dei porti. Non vi viene in mente che ci sta benissimo “anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti? E va benissimo, diciamolo, anche per quelli che contrastano Salvini ma solo “poco poco” che non si sa mai, anche perché assoluzione e delitto hanno, a volte, lo stesso movente. Che colore ha il potere? Meglio: esiste un potere dalla parte delle ingiustizie, dell’inclusione sociale, dalla parte degli ultimi? Non credo o, perlomeno non l’ho mai visto. Non ci sono poteri buoni dice De André nell’ultima canzone dell’album, non ce ne possono essere perché il potere è sempre dalla parte dei vincitori e guardare il mondo da quella dei vinti ci porta a dire che non abbiamo più voglia di respirare la stessa aria di certi personaggi e, con un piccolo ghigno, li abbiamo rinchiusi nell’ora di libertà. De André era un visionario, era uno che sapeva produrre stupore, anche quando qualcuno veniva a chiederci di un nostro amore. Morire in gennaio, al freddo e al gelo. Morire senza nemmeno un rimpianto, un po’ come Jones. Riascoltatelo, vi prego. Riascoltate questo piccolo capolavoro e non potrete non esserne coinvolti. Per sempre.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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