Me lo segno per non dimenticarmene, quando sarò vecchio.
Avevo diciotto anni, mi ero appena innamorato, stavo per cominciare l’ultimo anno di liceo ed era una cristallina mattina di settembre.
Tutto era perfetto.
Mi ricordo il momento preciso. Scendo giù dalle scale dell’edicola con la Gazzetta dello Sport e una mazzetta di altri quotidiani sottobraccio, ciondolo sul lastricato argentato per arrivare alla radio, in via Marconi.
Giocavo già da allora a fare il giornalista, commentando le notizie in una casereccia rassegna stampa.
Sono esattamente sotto al campanile, che segna le nove.
Sulla prima pagina della Gazzetta il titolo d’apertura è un cazzotto alla punta del mento. “Scirea, tragico schianto”.
Torno ai gradoni dell’edicola, ci poggio sopra i giornali e leggo tutto avidamente.
Il vecchio taxi Fiat trasportava taniche di benzina nel portabagagli, nel frontale si era incendiato. Babsk, Polonia, Gaetano era appena stato nominato viceallenatore della Juventus, il secondo di Zoff. Era in missione per conto del club cui aveva dedicato quasi tutta la sua vita da calciatore.
Ma per un po’ ci si era illusi non fosse lui, perché le autorità polacche avevano sfigurato anche il nome di quel cadavere carbonizzato, storpiandolo in “Gettano Sarrea”.
Ma era solo un errore.
Non ebbi nemmeno la forza di piangere. Rimasi sui gradoni, stroncato, per almeno un quarto d’ora.
Mi ricordo tutto, perfettamente.
Perché Scirea era il campione senza nulla di alieno, il semidio alla portata di tutti, il fuoriclasse capace di arrossire per l’imbarazzo, libero da ogni tentazione di spavalderia. Uno che non perse la misura nemmeno dopo quell’11 luglio 1982, quando nella notte madrilena lui e la nazionale diventarono campioni del mondo dopo aver schiantato in un crescendo entusiasmante l’Argentina di Maradona, il Brasile di Zico e Falcao, la Polonia di Boniek e, infine, la Germania di Rummenigge.
Scirea era quel calciatore che, dopo una delle tante feste scudetto della Juventus, confidò di essersi andato a cambiare, perché si vergognava a presentarsi in smoking davanti all’edicolante, all’alba di una notte di baldoria. Lui che usciva dal night, di fronte al giornalaio che per tutta la vita si era alzato prima del sole per guadagnarsi il pane.
Ecco perché mi ricordo quei momenti come fosse ieri.
E invece sono passati ventisette anni da quel 3 settembre 1989, quando Gaetano Scirea lasciò tragicamente questo mondo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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