Lo dico subito: questo non è un post adatto ai poeti e deboli di cuore, quelli che, per intenderci, amano il gabbiano Jonathan Livingston e dedicano la loro vita alla metafora del volo, alla bellezza della libertà che solo le ali sanno regalare. Non è dedicato a chi vede nel gabbiano la dolcezza e la leggiadria, la forza e l’amore per le piccole cose. Lo dico subito: il gabbiano fa cagate pazzesche e sporca tutto il panorama che avete davanti. In questi ultimi anni le città di mare – ma non solo – sono letteralmente invase dai gabbiani reali e dai loro cuccioli – che non sono per niente carini – e scagazzano da tutte le parti, lasciando un odore nauseabondo non propriamente poetico. Non ho ben capito di cosa si nutrano (sicuramente spazzatura, di quella perfida e acida) perché la loro merda (eh si, chiamiamo le cose con il loro nome) oltre che infestare le auto, i terrazzi, le tegole e le strade sembra essere indelebile. Fiumi di varechina, raschietti e spugnette abrasive non riescono ad eliminare i loro scarti scaricati al volo sulle nostre vite. Ho dovuto portare l’auto dal carrozziere perché il cofano era irrimediabilmente compromesso e le mattonelle del terrazzo portano i segni delle firme ‘cagate’ dei gabbiani. Non bastano i dissuasori, non servono i rumori perché loro, i gabbiani, ti osservano e quasi sorridono dentro la loro tracotanza di essere padroni della città. Lo dico con mestizia e con un pizzico di tristezza ma non prendetevela: a me i gabbiani fanno cagare.
Ecco, l’ho detto. Che si scatenino i poeti, i disegnatori di paesaggi marini, i fotografi di istangram, i postatori perversi di tramonti con gabbiano vicino al sole, ma non torno indietro. Rimango con varechina e spugnetta abrasiva in mano a guardare un cielo sempre più nefasto e cagone. Altro che poesia.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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