La domanda è: se una compagnia aerea low cost decide improvvisamente di rivedere i propri piani e taglia alcuni collegamenti dagli scali della Sardegna, la colpa di questo danno può essere completamente attribuita alla politica regionale, indisponibile a concedere nuovi contributi per convincere quel vettore a ripensarci e a mantenere le posizioni? Oppure le colpe sono anche di altri? Il riferimento è chiaramente a Ryanair, ma potrebbe valere per qualsiasi altra compagnia aerea. Nel 2003, la prima compagnia a basso costo ad istituire collegamenti nello scalo Olbia-Costa Smeralda fu la Hapag-Lloyd, vettore di proprietà di una multinazionale del turismo. Una novità che segnava la liberalizzazione dei cieli dai monopoli, una svolta epocale annunciata con adeguata solennità: nel novembre di quello stesso 2003 noi giornalisti fummo invitati a spese della Hapag Lloyd alla Borsa internazionale del turismo di Colonia, dove arrivammo a bordo di confortevoli Boeing 737 gialli. Si viaggiava davvero in quel clima da corriera di provincia evocato da Cosimo Filgheddu in un memorabile pezzo su Ryanair di qualche settimana fa: allora i posti non venivano assegnati nel biglietto e, quando iniziava l’imbarco, si assisteva ad una specie di finale olimpica dei cento metri piani per assicurarsi il posto finestrino o non restare ghettizzati nelle retrovie dell’aereo. A Colonia non fummo insidiati sessualmente ma scoprimmo che per un turista medio europeo indovinare la posizione della Sardegna nel pianeta era spesso impossibile: la maggior parte di loro manco sapeva dove fosse quell’isola remota, di cui qualche volta aveva sentito parlare da avventurosi amici spintisi fin là in vacanza. Quando tornammo a casa, l’allora direttore commerciale dell’aeroporto Costa Smeralda Raffaele Ciaravola avviò una serie di incontri con le amministrazioni comunali e gli operatori turistici del territorio. Il succo del messaggio era questo: belli miei, l’opportunità dei voli a basso costo può essere una svolta per voi e per tutta la Sardegna, ma sappiate che queste multinazionali guardano esclusivamente al coefficiente di riempimento degli aerei. Se non sono soddisfacenti, possono eliminare i collegamenti da un giorno all’altro. Era un invito a garantire un minimo di servizi anche fuori stagione, quando i luoghi del turismo della Sardegna si trasformano in città fantasma. Detta all’ingrosso, se un turista arrivato in Sardegna con un biglietto da venti euro non avesse trovato neppure un bar aperto o fosse stato costretto a pagare cifre astronomiche per una camera, senz’altro non sarebbe tornato. E pian piano quel nuovo canale di collegamento con la Sardegna avrebbe perso appetibilità, vanificando l’investimento delle compagnie e costringendole a modificare i loro piani. Ricordo che durante uno di quegli incontri con gli operatori turistici, Ciaravola prospettò la possibilità di promuovere la destinazione Gallura su una pagina del magazine di Hapag, distribuito su tutto il network europeo della compagnia. Era un investimento irrisorio, ma non si trovò nessuno che volesse investire poche centinaia di euro su uno strumento pubblicitario letto da milioni di passeggeri. Sono passati dodici anni e, se si guardano i dati sui movimenti dei passeggeri, si capisce che le low cost hanno inciso parecchio sui nostri trasporti, incrementando con percentuali a tre cifre gli arrivi negli aeroporti sardi. Ma tutto è relativo. Se altre destinazioni rendono di più, chi decide le politiche di queste multinazionali può stabilire di cancellare una linea da un giorno all’altro spostando quell’aereo altrove, magari usando con le regioni abbandonate l’acuminata e perfida arma del ricatto: o mi dai dei soldi, oppure me ne vado. Se guardiamo al nostro turismo, il primo dato che emerge è la inesorabile contrazione delle stagioni, sempre più brevi e concentrate nei due mesi di luglio e agosto. Il resto è fatto di proposte frammentate e di rassegnazione: oltre l’estate solo in pochi hanno il coraggio di osare. Sarà tutta colpa della politica o anche di chi, materialmente, il turismo lo fa, certamente tra molte difficoltà e in condizioni svantaggiate? Una domenica di ottobre della fine degli anni novanta, a Porto Cervo, temperatura superiore ai trenta gradi. Ricordo vibrare di indignazione i baffoni di Aldo Pittaluga, fondatore del bar Sole in Piazzetta, allorché un centinaio di turisti americani sbarcati da una nave crociera della Carnival trovarono il villaggio desolatamente vuoto e con i negozi della Passeggiata chiusi. Il suo locale era uno dei pochissimi aperti. Vent’anni dopo, la situazione è ulteriormente peggiorata.
Ecco come si chiudeva il rapporto annuale di Sardegna in volo, nell’anno 2012. “Negli anni l’apertura del mercato aereo, l’ingresso di nuove compagnie, l’attivazione di collegamenti inediti e le politiche di concorrenza aggressiva dei vettori low cost hanno modificato radicalmente il panorama aeronautico e turistico della Sardegna. Adesso è compito delle Istituzioni fare la loro parte (…). Se tutto questo non avverrà, se ciascuno degli attori sul campo non farà la propria parte senza pensare a colore politico, interessi di parte o scadenze elettorali, gli aeroporti isolani rimarranno solamente delle porte, dietro alle quali, ad accogliere i viaggiatori, non ci sarà nessuno. Un lusso che la Sardegna, se davvero vuole decollare, non può permettersi”.
Come si traduce tutto questo? Secondo me, investendo sulla nostra storia, sulle nostre culture, sulle nostre reti ciclabili (provinciali, non comunali) e pedonabili. Tutto banale e già detto, ma mai fatto veramente. Dice il mio amico Telemaco Murgia, che da sempre vive di escursionismo attirando in Sardegna gente da tutto il mondo: “Il mio concorrente non è la società sarda che opera nel mio stesso campo. I miei concorrenti sono le Canarie, la Croazia, la Grecia”. Smettiamo di farci la guerra e ragioniamo da sistema, se vogliamo volare alto e a basso costo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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