Stamane alle 8 sento suonare il citofono e la domestica che viene due volte alla settimana bussa alla porta del bagno: “C’è il signor Buscarinu, dice che è urgente”. “E chi è Buscarinu?”. “Esca da lì e se lo faccia dire lei – risponde seccata – A proposito, venerdì non vengo perché mi sento male”. “Ma scusi – dico, mentre esco in accappatoio e ciabatte di spugna – lei già da ora sa che venerdì si sentirà male? Non mi sembra che…”. Mi blocco perché c’è un tale in corridoio che mi guarda ironico. Non troppo alto: abbiamo gli occhi allo stesso livello e quindi mi è istintivamente simpatico. Capelli intrisi di gel e baffetti sottili collocati poco più su di un abito gessato e di un paio di lucide scarpe da ballo bianche e nere. Anzi, non è gel, è qualcosa di più cremoso, mi arriva un profumo dimenticato in qualche parte del lobo destro, insieme al dopobarba di mio padre e alla lozione del barbiere Dussoni. “Ma è brillantina Linetti?”, gli chiedo indicandogli la testa. “Ma quale Linetti! Questa è brillantina al Moustache di Marcel Rochas, me la faccio spedire dalla banda dei marsigliesi. La Linetti la userai tu… anzi, la usavi”. “Buscaglione! – esclamo, più per me che per lui – Sei Fred Buscaglione. Scusa, ma quella mi ha detto Buscarinu”. “Chi, la pupa che mi ha aperto la porta? Ha la testa vuota, ma l’abito lo riempie bene”. “Ma se avrà cento anni ed è brutta come la fame”. “Brutta? Perché, esistono donne brutte? Pensavo di avertelo insegnato”. “Hai ragione. Ma era da un po’ che non ti facevi vedere. E sai, si dimentica… Senti, faccio il caffè? Lo prendo anche io”. “Quello te lo puoi bere da solo”. Si guarda intorno. “Dov’è il carrello degli spiriti?”. “Non ce l’ho, Fred, il carrello degli spiriti. Ho una credenza dove tengo poche bottiglie di liquore”, gli rispondo, indicando con il mento uno sportello. Lui lo apre e fruga. “Non hai il Wilson & Morgan ?”. “No, Fred. Di whisky ho solo quella bottiglia che hai in mano”. Scuote le spalle, fa una smorfia che gli allinea in obliquo i baffetti al labbro superiore e se ne serve una buona razione. Beve, fa schioccare la lingua, si riempie ancora il bicchiere, fa l’occhiolino alla domestica che spia da una porta socchiusa e le mostra la bottiglia a chiederle se ne voglia un goccio. Lei scappa rossa in viso e ridacchiando (la conosco da vent’anni e prima di oggi non l’avevo mai vista ridacchiare). Lui scuote la testa con un sorriso e si accomoda in poltrona. “Sai che stasera avrei dovuto avere un concerto Platamona?” “A Platamona?”. “Certo, al dancing del Lido Iride”. “Al Lido Iride?”. “Senti, se ti dico che devo andare al cesso tu mi rispondi : Al cesso?”. “Devi andare al cesso?”. “No, era per spiegarti che stai un po’ rompendo i coglioni”. “Scusa, continua”. “Allora: vado con i miei Asternovas all’Iride per preparare il palco e troviamo macerie. Faccio una passeggiata sino alla Rotonda per chiedere informazioni e intorno trovo altre macerie. Ma cosa succede? La guerra dappertutto è finita più di dieci anni fa. Qui da voi gli americani stanno continuando a bombardare?” “Fred, la guerra è finita molto più di dieci anni fa”. “Appunto”. “Sì, Fred, ma tu quel concerto ce l’avevi negli anni Cinquanta”. “Perché, che ora è?”. “Chiedimi piuttosto che anno è”. “Che anno è?”. “2020”. “Dannazione, un’altra volta in ritardo. E’ che ho avuto un piccolo incidente con la mia Ford Thunderbird e mi sono fatto un cicchetto per farmi passare il mal di testa. Ma da voi, piuttosto, questi bombardamenti?”. “Nessun bombardamento, Fred. Il Lido Iride è soltanto invecchiato senza che nessuno lo aiutasse a restare in piedi ed è caduto a pezzi e così gli altri ruderi intorno alla Rotonda, pensa che qualche anno fa proprio la Rotonda è crollata ferendo dei ragazzi che prendevano il sole lì vicino. Non so perché, credo che anche lì sia questione di vecchiaia”. “La Rotonda è dove sono andato qualche volta dopo i concerti all’Iride? Era bella”. “Lo so, Fred, che era bella”. “Passeggiavo sino a lì fumando per farmi venire il sonno. Era quasi l’alba e c’era ancora gente. O forse c’era già la gente che occupava i primi posti in spiaggia. Persone che non potevano certo permettersi l’ingresso al dancing, qualcuno mi riconosceva e mi faceva festa. Bella gente, piena di entusiasmo, ironici più di me. Era questo sorriso che avevano stampato dentro il cervello, cionfra lo chiamavano, che sembrava quasi unirli a quelli che potevano pagarsi l’ingresso al dancing”. “Vuoi dire che la cionfra accomunava i sassaresi poveri a quelli ricchi?” “Ma no, non sono così scemo. Ma questa ironia beffarda era come una nuvola densa che in quelle mie notti di Platamona nascondeva le differenze tra ricchi e poveri. Da loro ho imparato che “cazzo” non è una parolaccia: è uno stato d’animo, una domanda, una risposta, un pensiero, un arrivederci. E tutto gratis, appoggiati alla ringhiera della Rotonda a fumare e guardare la risacca”. “Forse c’ero anch’io, Fred, tra quelli, anche se ancora ero troppo piccolo per andare a Platamona all’alba”. “E certo che c’eri, altrimenti non sarei venuto a chiederti che cosa è successo”. “Niente, è successo, Fred. Solo che li abbiamo lasciati morire, e te insieme a loro”. “Ma siete pazzi. Io le coste italiane le ho girate tutte. E quello era un angolo bellissimo. Mi faceva pensare a una terra piena di gioia e di futuro, con una guerra già dimenticata e tanta voglia di pace, di buon cibo, di lavoro e di allegria per tutti”. “In effetti credo che fosse proprio così”. “E l’Iride? Ma sai che la Rotonda sul mare di Senigallia, quella del collega che si chiama Fred come me…” “Ho capito”. “Ebbene, non è diversa dall’Iride, ha lo stesso passato ma è ancora in buona salute e lì la rispettano tutti”. “Sai, Fred, ho paura che quei sassaresi che hai conosciuto e che ti sono piaciuti tanto avessero un grave limite: non sono riusciti a formare gente come loro. Sono stati l’ultima vera classe dirigente sassarese. Poi… siamo arrivati noi”. “La stai buttando un po’ sull’intellettuale e un po’ sul vittimistico. Io me ne vado altrimenti ti vomito il tappeto”. “E allora è meglio che vai. Ciao, Fred”.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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